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Prosegue il festival genovese di Lunaria Teatro con questa drammaturgia “in” parola nata dalla collaborazione tra Daniela Ardini e Margherita Rubino per l'interpretazione di Carola Stagnaro, nel bellissimo chiostro della chiesa di San Matteo venerdì 2 e sabato 3 agosto. Drammaturgia “in” parola in quanto ri-articolazione narrativa di testi drammatici non attraverso una loro riscrittura bensì attraverso un accostamento ed una sovrapposizione che ricrea un percorso interpretativo che di quei testi in qualche modo rinnova il senso mantenendo però, verso di essi, una piena fedeltà.
Dunque non racconto in scena dell'evento drammaturgico ma utilizzo del testo recitativo come elemento di un nuovo percorso creativo che vuole analizzare ed enfatizzare il punto della vendetta femminile, in tutti i testi presente ma come dire in posizione subordinata nel singolo contesto rappresentativo.
Affrontando una ben selezionata galleria di “dame nere del teatro da Eschilo ai nostri giorni” le drammaturghe e la stessa interprete pongono dunque in primo piano la sintassi della vendetta femminile cercando di sottrarla però, e con buona efficacia, alla prigionia di genere, prima nemica di una profonda revisione dei rapporti tra uomo e donna.
Così da Clitemnestra a Elettra, da Medea a Fedra, da Nora alle Donne in parlamento, protagonista tende a diventare non l'impulso motivazionale o sentimentale specifico, dalla gelosia al dolore dell'abbandono, dalla coazione a ripetere alla delusione che crea consapevolezza, bensì la messa in discussione di un sistema di potere, che il patriarcato storicamente interpreta ma non esaurisce, un sistema di sopraffazione e alienazione che tutti imprigiona, sia gli uomini che le donne.
È infatti nel teatro che le protagoniste di questo ribaltamento di senso sono tradizionalmente le donne, ed è sintomatico che da tale protagonismo disvelatorio la nostra percezione da sempre si difenda traslando nella cattiveria delle “dark lady” antiche e moderne ciò che non è vendetta ma più semplicemente e profondamente rivendicazione, che da particolare può farsi di buon diritto universale.
Così l'uccisione di Agamennone da parte di Clitemnestra, o la denuncia di Ippolito da parte di Fedra, ovvero l'abbandono della casa maritale da parte di Nora, possono perdere l'apparenza di un amore in vario modo tradito per acquistare la sostanza dello smascheramento di un sistema di cui la donna è la principale prigioniera, o meglio quella che ne ha più sofferta consapevolezza, ma indubbiamente non l'unica prigioniera.
Uno spettacolo interessante per composizione, articolazione scenica e scenografica, movimenti registici, più femminile direi che “al femminile”, cui Carola Stagnaro offre una interpretazione partecipata, più convinta e convincente in Nora che nelle antiche sue “progenitrici”, ma sempre all'altezza, spettacolo che il pubblico ha gradito e applaudito.