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Suite, meditazione, narrazione. Queste le parole chiave, suggeriteci dal programma di sala, con le quali vogliamo aprire questa recensione. La stagione teatrale 2013/ 2014 a Napoli è inaugurata dallo  spettacolo- evento che celebra il settantesimo D-DAY. Napoli e le sue 4 giornate, svoltesi tra il 27 e 30 settembre 1943, si ribella all’occupazione nazista: questo racconta la storia. Ma cosa  ha vissuto davvero la popolazione napoletana? Attraverso un notevole approfondimento storico, Enzo Moscato, autore e attore dello spettacolo, presenta al pubblico napoletano l’opera ideale per una  commemorazione civile. Questo è l’intento dell’autore napoletano che, pur non allontanandosi dagli elementi scenici e drammaturgici che lo caratterizzano, porta in scena un perfetto connubio tra forma artistica e narrazione storica. Dopo il debutto del 28 settembre presso il Teatro Nuovo, lo spettacolo segue una lunghissima serie di repliche: dall’1 al 13 ottobre il  teatro dei Quartieri Spagnoli ospita il successo di questo lavoro in una delle zone della città segnata fortemente dalle  giornate del  ’43.  Un cast composto da alcuni degli attori teatrali napoletani più famosi, oltre alla partecipazione di giovani attori.  Antonio Casagrande, Benedetto Casillo, Cristina Donadio, Salvatore Cantalupo, Gino Curcione, Ciro D’Errico, Enza Di Blasio, Gino Grossi, Carlo Guitto, Rita Montes, Serena Furfaro, Paco Correale, Salvatore Chiantone: Moscato sceglie questi attori affinché diventino simbolo artistico e civico di una testimonianza emozionale, oltre che storica. Sediamoci in platea e godiamoci lo spettacolo. L’utilizzo della penombra e di singole parti illuminate si protrae durante il corso di tutta la pièce. I  volti degli attori emergono dall’oscurità: sono contenitori di storie singole che creano una comunità. La sensazione è quella di anime storicamente bloccate, pietrificate nei tunnel e nei sotterranei della città, pronte a vivere e a rivivere attraverso la testimonianza. La luce squarcia l’oscurità, anch’essa simbolica, attraverso fasci luminosi intensi  che arrivano dall’alto, come dai pozzi che perforano le viscere del Tunnel Borbonico napoletano. La volontà napoletana cresce nelle viscere della città, come un magma interno che ribolle:   durante lo spettacolo si arriva in effetti ad un climax,  quasi uno sparagmòs tipico delle tragedie greche. E in effetti è frequente  la sensazione di trovarci davanti ad una tragedia greca, poiché gli elementi che scorrono nel “sangue” di questo spettacolo ce lo comunicano continuamente: dalla citazione di Sofocle, al personaggio meta teatrale dello storico-narrante, al coro costituito dai giovani e dall’intera comunità che intona canzoni, alla divinità traditrice (la spia tedesca interpretata dall’emozionante Cristina Donadio), fino al significato storico stesso. Una tragedia è atemporale, è monito universale per tutti e in tutti i secoli. Moscato si prende la responsabilità di narrarla in chiave contemporanea. Lo spazio della scena è complesso: diversi piani, diverse profondità, il telo con proiezioni che avevamo visto anche in Toledo Suite. La musica è onnipresente, così come le registrazioni audio tratte dai filmati dell’epoca, inglobando anche il cinema di inizio secolo, forma di comunicazione visiva che rappresenta un ulteriore elemento della storia di quegli anni. I personaggi sono fortemente caratterizzati, a tratti anche esageratamente: macchiette tratte dalla varietà colorata del popolo napoletano. Proprio la loro caratterizzazione “quotidiana”, di memoria vivianea, nonostante siano testimoni di un evento storico importantissimo, dà il senso profondo di questa storia locale e mondiale allo stesso tempo. Il contrasto tra localizzazione geografica specifica ed evento storico universale è presente anche nella lingua: il dialetto viene parlato, recitato, cantato, e come sempre nei lavori di Moscato, presenta delle sonorità poetiche inimitabili, soprattutto in contrasto con il tedesco, quello storpiato, napoletanizzato. Ironia e commozione completano un lavoro che presenta quella solida base culturale “moscatiana” mescolata alla visionarietà scenica della sua drammaturgia. Ribellioni, tradimenti, uccisioni, massacri, campi di concentramento: i giovani bendati vengono uccisi. Non vedranno mai il loro futuro, giovani vittime sacrificali ( interpretate da Giuseppe Affinito, Caterina Di Matteo, Francesco Moscato, Giancarlo Moscato, Manuela Mosè. Assenti  Lucia Celi, Rosa Davide, Donatella Sbriglia e i piccoli Maria Pia Affinito, Isabel e Oscar Guitto, citati nel programma di sala) sull’altare della storia, sia essa pagana, sia essa cristiana. Ma la benda che indossano è trasparente. Speranza? Noi speriamo ardentemente che questo NAPOLI ’43 vada oltre i palcoscenici campani.( foto di Fiorenzo De Marinis)

NAPOLI ‘43
(Scenario evento per il 70  ̊ ”D-Day” napoletano)
Teatro Nuovo Napoli
28 settembre 2013,  1-13 ottobre 2013
Uno spettacolo di Enzo Moscato
Immagini sceniche Mimmo Paladino
Luci Cesare Accetta/ costumi Tata Barbalato/musiche originali Claudio Romano
Con Enzo Moscato, Antonio Casagrande, Benedetto Casillo, Cristina Donadio, Salvatore Cantalupo, Gino Curcione, Ciro D’Errico, Enza Di Blasio, Gino Grossi, Carlo Guitto, Rita Montes, Serena Furfaro, Paco Correale, Salvatore Chiantone, i giovani Giuseppe Affinito, Caterina Di Matteo, Francesco Moscato, Giancarlo Moscato, Manuela Mosè.