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Tre gradini davanti a me. Quelli che portano direttamente in scena. Avrei voluto salire quei tre gradini, schiaffeggiare il protagonista di questo spettacolo e poi tornare tranquillamente al mio posto, in platea. Di certo il povero Gabriele Russo, nei panni proprio del protagonista Guy, ne avrebbe fatto le spese. Scherzi a parte, il senso di questa giocosa introduzione è ovviamente spiegare ciò che uno spettacolo può scatenare nella mente dello spettatore. Ma poiché scriverne è un’altra cosa, dobbiamo mantenere la calma. Lo spettacolo di cui parliamo, SOME GIRL(S), in scena dal 28 novembre al 15 dicembre al Piccolo Bellini di Napoli, nasce dal testo di Neil LaBute, attraverso la regia di Marcello Cotugno. Il titolo gioca sull’alternanza tra singolare e plurale e sul duplice significato che potrebbe avere in inglese: some girl, una qualsiasi ragazza, some girls, alcune ragazze. La storia è quella di un giovane scrittore che, prima del suo ipotetico matrimonio con un’ipotetica ragazza (some girl), decide di incontrare tutte le ex ( some girls) per provare ad espiare i suoi errori. L’autore, classe 1963, è americano e americano è lo stile che viene riportato sulla scena nostrana. Recitazione basata sul “naturalismo documentario”, in riferimento a Eric Rohmer e alla Nouvelle Vague, come afferma lo stesso regista, incastri e tempi meccanici ma perfetti. La scena è caratterizzata da una camera d’albergo, il cui letto cambia morfologia durante il viaggio tra i vari luoghi statunitensi. Una striscia bianca identifica la moquette dei corridoi degli alberghi, unico elemento “esterno” alla camera. Quest’ultima rappresenta, appunto, un mondo serrato, bloccato, in cui si sono svolte, ripetutamente, ossessivamente, le relazioni con queste donne. Come ripetitiva è la modalità di dialogo e di approccio del protagonista. Gli unici elementi che mettono in comunicazione  questo ambiente asettico, claustrofobico, artificiale con  “la vita reale” sono una finestra immaginaria,  la porta della camera, quest’ultima apertura vero un finto-esterno, e i cellulari.  Guy cerca di espiare il male arrecato alla sue ex ma è davvero questo il fine del suo progetto? La sensazione è che la psicanalisi sia presente incessantemente all’interno del testo e che il letto  diventi divano freudiano in cui la sessualità, descritta, citata e praticata, sia componente essenziale. L’uomo che vuole analizzare il dolore lasciato nei cuori delle sue ex non vuole espiare le sue colpe: le induce, bensì, al dolore rinnovato affinché dipendano sempre e per sempre da lui. È dunque una storia in cui il senso della narrazione non è l”after”, bensì il “before”. Quattro donne si alternano sul palcoscenico, quattro colori, quattro personalità ben definite: la borghese tradita, la vamp, la professoressa matura, il medico. Esiste un quinto episodio, visibile on line: questo, la multimedialità appunto, uno degli elementi che arricchisce la regia. Ottima la scelta della colonna sonora, serrata la recitazione. Ciò che non ci convince è proprio il testo. Il pubblico appare compiaciuto, si affida ad una narrazione fluida che non porta a contorte elucubrazioni mentali. Del resto il teatro deve anche essere questo. Ma alla fine le parole asciutte di questa drammaturgia si ornano di luoghi comuni, di eventi prevedibili, di chiusure e “inquadrature” che ricordano le serie televisive americane. E proprio in America, nel giugno scorso, esce la versione cinematografica dell’opera.  Se da un lato lo spettacolo spinge il pubblico a scavare nel proprio inconscio, a reagire ( come quando la spettatrice, spinta da femminismo feroce, urla durante lo spettacolo “Brava!!!” all’attrice che lancia una delle innumerevoli bottigliette d’acqua al protagonista), dall’altro apre un mondo conosciuto, non innovativo. Insomma, drammaturgia schietta, veloce e fruibile, ma che manca in poesia, in profondità, in originalità di contenuti. Bella performance degli attori, nonostante l’inizio macchinoso. Un plauso a Martina Galletta, Rachele Minelli, Bianca Nappi ( la nostra preferita), Roberta Spagnuolo, Guia Zapponi. Come si concluderà la vicenda? Al pubblico viene offerta l’immagine di una lavagna illuminata, piena di formule matematiche, appesa lì, sulla testa degli spettatori, sin dall’inizio dello spettacolo. Emergono i nomi delle donne e il simbolo geometrico della congruenza ≡ , utilizzato anche nell’insiemistica: il dolore è l’elemento che accomuna questi insiemi. Una frantumazione interiore i cui residui vengono lavati via, incessantemente, da quantità eccessive di bottigliette di acqua Evian.

Piccolo Bellini Napoli
28 novembre- 15 dicembre 2013
SOME GIRL(S)
di Neil LaBute
regia Marcello Cotugno
con Martina Galletta, Bianca Nappi, Gabriele Russo, Roberta Spagnuolo, Guia Zapponi.
Scene Luigi Ferrigno
Costumi Annapaola Brancia D’Apricena