È tornato a Genova il Teatro delle Albe, dal 17 al 20 dicembre al teatro Duse, ed è tornato accompagnato e accompagnando “PANTANI” freschissimo vincitore, non di un Giro o del mitico Tour, ma del premio UBU 2013 per la migliore drammaturgia originale.
Dello spettacolo, bellissimo, visto in anteprima l'anno scorso e recensito tra le prime su questo sito, molti hanno nel frattempo parlato perché il suo percorso, forse sorprendentemente o forse altrettanto inevitabilmente, è come deragliato dai binari tradizionali del teatro, tradizionale o di ricerca che sia, per lambire quasi esondando un sentire più diffuso, un sentimento che oltre la retorica si può definire ancora popolare in un senso che purtroppo non sembra più appartenere neanche al ciclismo o allo sport in generale.
Nato come sempre da una idea condivisa di Ermanna Montanari e Marco Martinelli, la drammaturgia di Marco, meritatamente premiata, riesce infatti a trasformare una storia sportiva gloriosa e tragica, come quella di Marco Pantani “il pirata”, in metafora di una più generale condizione umana ed esistenziale, in una metafora della vita di tutti senza perdere o snaturare gli aspetti specifici e soggettivi, dire la bellezza, di esistenze apparentemente semplici e modeste ma tali talora da aprirci gli occhi anche quando vogliamo testardamente tenerli chiusi.
Lo fa e lo può fare per questo è stato sempre ed è tuttora lo sguardo delle Albe sul mondo, uno sguardo non di rapina, perché da tutti i suoi protagonisti condiviso e agito “insieme” come se le qualità, credo talvolta grandi e fuori 'squadra', di uno non potessero che diventare ed essere le qualità di tutti.
Una famiglia unita quella delle Albe che riesce, come a volte nella vita, a potenziare e moltiplicare le forze e anche le debolezze di ciascuno dei suoi membri, una compagnia in cui 2 + 2 qualche volta è uguale a 5.
Un gruppo, dunque, che riesce anche a modificare l'ambiente circostante, tanto che il molto istituzionale Teatro Stabile di Genova, con la sua lunga storia, non ne è sembrato indifferente quasi a recuperare oltre la cultura anche l'affetto per chi il teatro lo fa e per chi il teatro lo segue, anche occasionalmente.
Un premio UBU, quello a Marco Martinelli, singolare ma straordinariamente condiviso con Ermanna e la compagnia, con chi è a loro vicino e anche con il pubblico al di là della incomprensibile e contraddittoria gioia che lo spettacolo dona oltre la tragedia di un ciclista sfortunato ma riportato sulle sue strade e sulle sue montagne e nella memoria festosa di chi era stato convinto, indotto o anche costretto a dimenticarlo.