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Chi non lo conosceva non pensava di poter ridere tanto, angosciarsi e riflettere contemporaneamente. Chi già sapeva, era pronto prima di sedersi. Lo spettacolo di Mastrella/Rezza colpisce e lo fa attraverso la violenta constatazione di temi  che conosciamo già ma che vengono spiattellati in faccia allo spettatore in maniera geniale

Il testo (mai) scritto da Antonio Rezza ha come titolo dei numeri: smembramento della vita umana, caratterizzazione dell’informe uomo, pedana numerata che altro non è che l’altalena della vita. Un uomo compare proprio su un’altalena: fisico asciutto, volto deforme, capello indemoniato. Anche se  può sembrare una descrizione esagerata, in realtà è proprio questa “l’apparizione” che si presenta sulla scena quando le luci si accendono, all’inizio dello spettacolo. Un matto in un manicomio, un bambino mai cresciuto o diventato uomo in maniera corrotta perché tale è la società. Ma così sano di mente da far sentire ridicoli noi. Si può parlare della pedofilia, della Chiesa corrotta, della disoccupazione, del lavoro sottopagato, della ricerca che fa emigrare i cervelli all’estero in maniera così ironica da ridere fino alle lacrime, pur mostrando amaro consenso per tutto quello che si denuncia? In un’alternanza di voci, personalità multiple e fatiche fisiche da atleta circense, giochi infantili e burattini moderni, Antonio Rezza riempie la sala della Galleria Toledo di Napoli, in un grande debutto il 16 novembre (vedi  video spettacolo). Un ideogramma che può ricordare i disegni infantili, ma anche oscene immagini sessuali, riproduce la struttura “ginnica” sulla scena: linee e triangoli avvolti da drappi rossi. I travestimenti e gli svestimenti integrali mostrano le due facce di un’Italia allo sfacelo, dove si racconta di bambini istruiti da una Chiesa corrotta e pedofila, dove gli unici ricordi di infanzia sono il crocifisso del sacerdote che pende ritmicamente accanto alle guance mentre vengono violentati. Bambini che vengono affidati a padri divorziati che il sabato desidererebbero fare altro. E poi il lavoro sottopagato, il rumore assordante delle fabbriche riprodotto da una pedana oscillante in scena, quasi un cavallo a dondolo metaforico  dal quale scende il padre di famiglia spossato.   Tornato a casa  odia il figlio piagnucolante che osa chiedergli la cioccolata o un regalino. I concetti base dell’italianità media vengono distrutti, ironizzati, violentati, compresa la bandiera. Un drappo bianco, un mantello rosso: secondo Rezza manca solo un colore per descrivere uno Stato “di merda”. Fino alla Bibbia, fino a quando si azzardano bestemmie e critiche al testo sacro. In una situazione gravissima come la nostra anche le Sacre Scritture si mescolano alla banalità delle apparenze: alzati, seduti. Le funzioni religiose diventano il ridicolo accanirsi verso il movimento fisico a tutti i costi. La politica viene associata al  gioco del “ruba-bandiera”, attraverso l’immagine terribile di un ministro della Ricerca e del suo sottosegretario intenti  nella “ricerca” di un banale fazzoletto bianco. Anche il pubblico viene coinvolto nel gioco:  la storia della vita e degli amori di una donna che saltellando da un punto all’altro del palco divide il suo percorso attraverso i numeri dell’età di amanti, mariti, figli naturali e non, parenti ed amici. Il gioco della “campana” disegna con l’immaginazione un palco pieno di caselle. La memoria straordinaria dell’attore mette alla prova quella del pubblico che scommette sopra quale numero e casella invisibile si trovi in quel momento il personaggio. Antonio Rezza interpreta una società a pezzi in maniera dissacratoria, con enorme sforzo fisico, vocale, psicologico, senza mezzi termini, senza freni. E accusa violentemente tutti noi rendendoci ridicoli poiché esplodiamo in risate irrefrenabili sulla nostra stessa ipocrisia e distruzione.

Galleria Toledo Napoli 16-21 novembre 2010-11-19

7-14-21-28

(mai) scritto da Antonio Rezza
di Flavia Mastrella Antonio Rezza
con Antonio Rezza Ivan Bellavista
un Habitat di Flavia Mastrella
assistente alla creazione Massimo Camilli
disegno luci Maria Pastore