Continua il suo viaggio “Punta Corsara”, dal nome programmatico, andando e ritornando dalle “terre infami” in cui affondano le sue radici e stavolta per prendere di mira, con ironia aspra ed insieme comicamente affettuosa, gli stereotipi che affollano e nascondono le periferie del mondo e le periferie del cuore.
IL CONVEGNO loro ultima fatica drammaturgica a più mani, messa in scena per la regia di Emanuele Valenti, proprio questo ci appare.
Siamo di fronte dunque all'ennesimo inganno, e forse ne siamo complici, quando con la compagnia partecipiamo al convegno della FOSTI – Fondazione Sviluppo Territori Infami che con il contributo di tutte le autorità vuole gettare uno sguardo sul mondo delle periferie.
C'è il Direttore Generale della Fondazione ed un suo dipendente, c'è l'assessore e gli inevitabili illustri esperti, dall'urbanista al sociologo e all'operatore sociale, qualcuno mescolato con sapiente citazione tra il pubblico che attende di entrare, tutti con il loro copione, ricco e forbito, che però sembra costruito apposta per non vedere e per non far vedere, per allontanare dal centro anche solo il panorama delle periferie.
Ed infine c'è anche, all'inizio nascosta sotto un lenzuolo bianco, la ragazza difficile invitata, o forse prelevata mentre dormiva, dalla periferia medesima quasi come un campione di laboratorio o un fenomeno da baraccone, che però si rifiuta, unica tra i protagonisti e ostinatamente, di parlare perché la sua lingua, il suo linguaggio, nulla sembra avere in comune con quello degli altri; è un'altra grammatica, è un'altra sintassi.
Tutto il movimento drammaturgico e scenico, ed è un'idea intrigante e profondamente teatrale, ruota così intorno al tentativo di coinvolgere la riluttante ragazza difficile, con una accelerazione sempre più frenetica fino alla rutilante esplosione finale.
La forza del silenzio di questa ragazza infatti, chiusa a proteggere la propria umanità e la sola che continui paradossalmente a possederne una, tragica ma sincera, spazza via le false coscienze degli esperti istituzionali e televisivi, i loro linguaggi ipocriti e senza nerbo, costruiti questi per nascondere ed alimentare, fino a blindarlo, il loro vuoto. Stereotipi appunto privi ormai anche di ogni suggestione o attrazione metaforica.
Ultimo a sopravvivere, scenicamente parlando, l'assessore all'ascolto Procopio Provenzano che, nella tensione e nella frustrazione dell'ennesimo fallimento, riscopre l'unico vocabolario che ha appreso nella sua giovinezza fuggita dalla periferia, quella della violenza fine a sé stessa che alla fine soffoca anche lui, coperto dallo stesso sudario bianco.
È una drammaturgia che ha la sua forza in un testo in cui i contributi singolari si fondono e si amalgamano in una narrazione coerente e suggestiva, ma anche nella scrittura scenica di Emanuele Valenti, secca ed essenziale nell'organizzazione scenografica quanto pirotecnica ed esplosiva nell'organizzazione dei movimenti recitativi e che valorizza la già notevole sapienza recitativa di tutti i protagonisti.
Solo così il ritorno autobiografico ai luoghi della formazione personale (la Scampia della speculazione edilizia, della droga e della camorra) riesce anche in questo caso a diventare metafora di ogni luogo del mondo e dell'anima.
Con un'arma essenziale che la Compagnia dimostra ancora una volta di possedere, quella dell'ironia che preserva e protegge, a partire dalla ragazza difficile, l'essenza forte di una umanità non da mostrare o falsamente proteggere da sé stessa, con fondazioni, convegni assessorati e facoltà accademiche, ma da liberare.
L'ironia percorre forte le vene di questo spettacolo ed emerge talora con la prepotenza dell'autocitazione, quando ad esempio si fa riferimento a Goffredo Fofi e alla sua affermazione, certo sincera e convinta, che il Teatro può salvare anche queste periferie.
Chi conosce la storia di “Punta Corsara” sa che questa esperienza nasce appunto da una iniziativa per così dire “istituzionale” nel quartiere di Scampia, da cui tutti loro provengono, curata qualche anno fa dalle Albe di Marco Martinelli ed Ermanna Montanari, e che ha assunto ora forza autonoma.
Sanno dunque, drammaturghi ed attori di Punta Corsara, da Emanuele Valenti a Gianni Vastarella, da Valeria Pollice l'urbanista a Giuseppina Cervizzi, la Giuseppina di Scampia appunto, usare l'ironia anche con sé stessi, consapevoli che il teatro e Dioniso chiamano solo alcuni e non possono da soli e senza di noi salvare tutti noi, noi del centro o noi delle periferie.
Anche il teatro dunque se non paga lo scotto della scelta consapevole, della coscienza di sé e del proprio fare che ciascuno deve conquistare, rischia di diventare anch'esso voce stereotipata tra tante voci stereotipate, fino alla afasia e alla sordità.
Lo spettacolo è stato ospite il 7 e l'8 febbraio al Centro Culturale Dialma Ruggiero di La Spezia nell'ambito del Festival Fuori Luogo, e ci piace al riguardo chiudere con un apprezzamento per questi “percorsi teatrali nel presente” diretti da Renato Bandoli, Andrea Cerri e Michela Lucenti che, insieme a “Punta Corsara” hanno ospitato e stanno ospitando, oltre ai seminari di Cesar Brie, Renzo Francabandera e Massimiliano Civica, alcune delle più interessanti iniziative del teatro giovane e di ricerca, ben più se vogliamo di molte altre prestigiose istituzioni teatrali. Dalla periferia alla periferia, a volte il viaggio si scopre pieno di fascino e di sorpresa.
Foto Marina Dammacco