Pareti bianche, da obitorio. Pagine squadrate su cui proiettare la memoria. In tutti i sensi. Pannelli scorrevoli, proiezioni, slittamenti di arredamento di scena. No, non ci troviamo davanti ad una sperimentazione scenica o ad un allestimento di arte contemporanea. Luca Cedrola e Bruno Garofalo
creano un testo in cui Charles Baudelaire rivive, in punto di more, la sua vita biografica ed artistica. Il tempo viene costruito attraverso un andamento oscillatorio, in cui presente, passato e futuro si alternano continuamente, creando una narrazione scenica la cui cronologia è bloccata da alcuni punti fermi. I pochi personaggi presenti in scena costituiscono, appunto, il passato, il presente e il futuro di Charles. IL COMPLEANNO DI BAUDELAIRE, in scena presso il teatro San Ferdinando di Napoli, dal 14 al 16 febbraio, riporta in vita il poeta maledetto, interpretato dall’attore Giuseppe Zeno. L’idea del racconto degli ultimi istanti di vita del dissoluto personaggio, ammalato di sifilide e tormentato dalla sua vita irrequieta, viene costruita basandosi su elementi biografici e storici, rielaborati attraverso una deformazione ed invenzione scenica, che si basa fondamentalmente su un finto monologo. Il protagonista, infatti, inizia lo spettacolo comunicando apertamente con il pubblico, eliminando le barriere temporali e rivelando subito le sue intenzioni narrative. Il lungo monologo, che prosegue per un’ora e venti, è intervallato da piccoli dialoghi con l’editore Auguste Poulet Malassis, interpretato, con accurati silenzi e piccole frasi, da un ottimo Lello Giulivo. Auguste assisterà Charles durante gli ultimi giorni di vita, diventando diario umano. Piccole conversazioni emergono anche tra gli altri personaggi, attraverso flashback e racconti. Gran parte dello spettacolo si svolge all’interno di questa stanza “simbolo”, in un ospedale immaginario, in cui il delirio pre-mortem spinge l’artista a ripercorrere la sua vita, sottolineando e ribadendo ideologie e pensieri. Il bianco letto d’ospedale, così come le pareti circostanti e tutto l’allestimento scenico, fondamentalmente arido e glaciale, diventa “pulpito” da cui il protagonista lancia le sue invettive contro il mondo: il riferimento alla sua opera, “I fiori del male”, alla sua Parigi, alla sua vita, alle donne della sua vita. La madre emblema edipico di disperazione, e la sua “mulatta”, interpretata da Cinzia Coletta, anche lei malata di sifilide. Due donne, dunque, due punti cronologici simbolici: l’una il passato, l’altra il presente e il futuro inesistente, poiché segnato dalla morte precoce. Il letto-pulpito, luogo di racconto, di riflessione in punto di morte, di pentimento e di accanimento, diventa immagine scultorea dei canoviani sepolcri ottocenteschi, sovrapposta all’immagine pittorica della cruda morte del Marat davidiano. La chiusura serrata della stanza-memoria si apre all’esterno nel momento in cui vengono proiettate immagini parigine o cimiteriali. Colori predominanti, dunque, il bianco, il nero e il grigio: nessuna colorazione diversa appare in scena, né sugli abiti, tinti di beige o di marrone. Uomini dai clamori sopiti, su cui incombe la morte delle menti e della società. Ma soprattutto la morte dell’arte, tema fondamentale, su cui si accanisce il poeta, ancora negli ultimi istanti di vita. Questa morte reiterata a lungo, poiché funzionale allo sviluppo e alla conclusione del discorso, è innaturale e rende ulteriormente difficoltosa la recitazione. Il protagonista, infatti, svilupperà il discorso alternando la sua posizione tra letto e bordo del letto, zoppicando, ansimando, tossendo, soffocando. Se vogliamo farne del realismo spicciolo, il lungo monologo dell’uomo, protrattosi duranti alcuni giorni di agonia, non sarebbe veritiero. Inevitabilmente, allora, vogliamo leggerlo come simbolico, come una forza vitale fortissima, radicata nell’animo complesso di Baudelaire. Un ardore rabbioso che non riesce a sopirsi, a spegnersi e che combatte, per giorni, con la stessa morte. In scena anche Maurizio Vigliano e Francesco Viglietti, entrambi personaggi minori ma importanti per la costruzione storico-cronologica e affettiva della vita di Baudelaire. Se da un lato la regia e le scene di Bruno Garofalo appaiono perfette, grazie ad un’originale ed elegante costruzione scenica, ad un incastro agevole di “chiusi” e “aperti”, ad un passaggio scorrevole dei cambi di scena attraverso ottimi tempi, dall’altro la recitazione appare affettata, eccessivamente “larmoyant” e melodrammatica. Questi elementi, quindi, stridono continuamente durante l’intero svolgimento dello spettacolo, intervallato da proiezioni video costruite sullo stile della pellicola dei film muti. Ci si chiede, dunque, se il contrasto è voluto per evidenziare sia una specifica contestualizzazione storica e culturale della vita del protagonista, sia per sottolineare una simbolica eternità del suo messaggio. Ed un’altra domanda, a cui potremmo rispondere, si insinua tra le nostre righe: perché sottolineare continuamente che l’attore protagonista, Giuseppe Zeno, che peraltro ha dovuto affrontare una complessa e intensa interpretazione, ha vestito i panni de o’ Malese nella fiction “Il clan dei camorristi”?
IL COMPLEANNO DI BAUDELAIRE
Teatro San Ferdinando Napoli 14- 16 febbraio 2014
Il compleanno di Baudelaire
di Luca Cedrola e Bruno Garofalo
regia e scena di Bruno Garofalo
con Giuseppe Zeno nel ruolo di Baudelaire
Cinzia Cordella, Maurizio Murano, Francesco Viglietti
e la partecipazione di Lello Giulivo.
Il compleanno di Baudelaire
- Scritto da Emanuela Ferrauto
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