Due donne eleganti e perbene giocano a Burraco. In un susseguirsi di ritualità e cortesie, si apre via via la strada per l’anima più vera. L’una vedova ma devotamente fedele alla memoria del marito, l’altra sposata con un uomo che non ama ma dalla cui presenza/compagnia dipende spasmodicamente.
Una pantomima del modo di vivere, distorto e infelice, che la natura umana suole far proprio, in scena al Teatro Elfo Puccini di Milano (corso Buenos Aires, 33) fino al 23 febbraio 2014.
Il femminile viene interpretato dall’autrice del testo, Carlotta Corradi, come una maschera di socialmente presentabile e politesse formale che cela mondi sconosciuti.
La maschera cala poco alla volta, ciascuna delle due recrimina, attacca, rivendica.
In un corpo a copro fisico e mentale cadono la parrucca, il tubino e il filo di perle. Si disvelano corpi maschili che lasciano a nudo i sentimenti più veri. Non c’è vero odio dell’una verso l’altra, ma c’est vivre qui dérange. Il duello inesorabile si trasforma in una comprensione della sofferenza dell’altra, con un abbraccio conclusivo che è accoglienza e apertura.
Molto interessante e innovativo l’uso del gender a fini espressivi, con valenze narrative infinite.
Lo stile recitativo di Alex Cedron e Alessandro Riceci è di spiccata efficacia, con un’abile alternanza di sguardi allusivi, silenzi drammatici e gesti essenziali che costituiscono da preludio alla lotta liberatoria da tutte le maschere e i trucchi.
Se il teatro contemporaneo si è fatto metafisico e concettuale, la pièce della Corradi recupera quella carnalità dell’agire scenico, non solo nel senso recitativo degli attori, ma anche nei significati profondi. Il teatro si fa incarnazione della riflessione esistenziale, agire concreto di moti dell’anima. L’abbigliamento femminile, i costumi agghindati, la lotta fisica, l’abbraccio finale costituiscono gli snodi di una trasformazione dell’anima che passa per il corpo ma che è assolutamente interiore.
Peli
- Scritto da Daniele Stefanoni
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