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Non è certo materia di intrattenimento televisivo, della quale oggi quasi tutti e specie i più giovani amano nutrirsi, il nuovo spettacolo del catanese Nino Romeo, “La casa della nonna”, proposto in prima assoluta al “Brancati” di Catania, all’interno della rassegna “Nuovi Percorsi”. Lo spettacolo, strutturato in due atti, diretti dallo stesso Romeo con delle gradevoli ed ammiccanti musiche e sulle intelligenti scene e costumi curati da Umberto Naso, non è sicuramente una storiella con amorazzi stile fiction, non è un poliziesco a fosche tinte, ma bensì affonda le mani nei rapporti umani, familiari, di una intera generazione fatta di progetti, illusioni, delusioni. Parla di vita, di esistenze di facciata, di vite camuffate dalla circostanza e che alla fine, in uno scatto d’orgoglio o per necessità, svoltano e si ritrovano, felici, a cambiare stile, ad iniziare, insieme, un nuovo cammino. Protagoniste dello spettacolo due eccellenti interpreti del teatro italiano, Graziana Maniscalco e Mariella Lo Giudice, nei panni di due sorelle tanto diverse e distanti all’inizio del loro incontro, quanto vicine, solidali e felici alla fine dell’ambigua vicenda.  Nel nuovo testo si parte dalla morte per svelare, nel finale, la vita. Una vita libera da ipocrisie, da ancore e da falsi pregiudizi. E le protagoniste sono proprio due sorelle che si ritrovano dopo anni, nella casa dove hanno vissuto da bambine, davanti alla bara in cui giace la nonna. Tra le due c’è un conflitto, mai sopito, sin dalla loro adolescenza, incentrato prima sulle diverse concezioni della vita, dell’arte, della morale, dei comportamenti e che poi trova sfogo nel rapporto con i genitori e con la nonna che, per ciascuna delle due, appare diversa: trasgressiva e libertina per una, tradizionalista e irreprensibile per l’altra. Presto però il conflitto da spazio all’intesa, alla ricomposizione degli affetti e delle memorie e le due devono far fronte ai debiti lasciati dalla nonna, si devono confrontare, al finale di ogni scena con personaggi come il becchino, il prete, il direttore della banca, il sindaco affarista, il consigliere - mafioso (che dice e non dice), tutti identici e congiunti da parentele incrociate. Alla fine sono proprio questi ambigui personaggi a vincere e le due sorelle si vedono costrette a vendere l’unico bene residuo, la casa della nonna e da barbone, in strada, davanti ad una vita diversa da quella borghese di insegnante e scrittrice, ritrovano l’amata casa della nonna ristrutturata e trasformata in Pensione Italia, ovvero un albergo ad ore. A dare sulla scena, in modo ineccepibile, voce e corpo alle due sorelle Grazia Maria e Maria Grazia, una il rovescio dell'altra  e che poi finiscono per somigliarsi e per diventare corpo unico, sono Graziana Maniscalco e Mariella Lo Giudice. La Maniscalco, compagna di vita e di scena di Nino Romeo, è la vibrante Grazia Maria, sorella trasgressiva e che predilige l’estetica, andata via di casa per spezzare le convenzioni, personaggio più giovane e più ribelle. Mariella Lo Giudice, nei panni assolutamente impeccabili di Maria Grazia, è una donna tradizionale, tutta di un pezzo, spigolosa, che alla fine, però, si scioglie, mostrando, come tutti, i propri errori, le proprie debolezza mai confessate e mascherate sotto una falsa durezza e precisione. Nel finale di ogni scena, a pennellare con arguzia e professionalità i personaggi, tutti accomunati dalla stessa impietosa arroganza e crudeltà, dell’intransigente becchino, dell’affarista sindaco e del manipolatore – puparo, comune a tutte le latitudini, anche Nino Romeo, che ricordiamo tra i più apprezzati autori della drammaturgia italiana. Il testo di Romeo, così come la rappresentazione, colpisce nel segno, affondando il bisturi su diversi aspetti della nostra esistenza e dei nostri vacui ed oscuri tempi. Si riflette sull’ipocrisia dilagante nei rapporti familiari, sulle critiche esagerate su chi è diverso da noi, sul falso perbenismo e sui luoghi comuni della nostra società troppo salottiera che non guarda in faccia alla realtà, sul mondo spietato degli affaristi, politici e non, che pur di far soldi e realizzare i propri loschi affari non guardano in faccia nessuno, non rinunciano nemmeno a cacciare due donne dalla casa della nonna per realizzare una fantomatica, moderna, più che attuale, Pensione Italia, ovvero un albergo ad ore. In merito al linguaggio Nino Romeo tralascia stavolta il consueto registro linguistico del dialetto e per i due personaggi, le due sorelle, che affrontano il rapporto tra eros e thanatos, utilizza un italiano modellato a seconda delle situazioni e dello sviluppo della vicenda. Si va infatti dall’iniziale italiano formale e colto ad un linguaggio contaminato da espressioni più colorite ed in lingua siciliana proprio quando cade quello schermo di perbenismo e di difesa che separa le due sorelle e si ricorda l’amata nonna. Testo completo, attuale, di grande profondità, a volte ostico ma che ti sprona a riflettere su cosa siamo diventati e dove stiamo andando. Alla fine lunghi e calorosi applausi per la messa in scena, per l’autore e soprattutto per le due impeccabili interpreti. Da vedere, assolutamente.