Pin It

Luparella sta per partorire, Nanà, il ragazzino tuttofare, cerca di assisterla, aiutandola a sgravare nonostante la morte. Nel buio profondo di un bordello, tra le orde di soldati  tedeschi, la morte, la guerra, la necrofilia e la putrida notte, si volgono le storie di questi personaggi. Non c’è sole, non c’è luce, ma solo una luna pallida, che sembra “burro squagliato sui maccheroni”. Donne che vivono nell’oscurità delle stanze, illuminate solo dai riflettori dei palchetti da “café-chantant”, tra lenzuola madide di sudore, sesso, denaro, successo e decadenza insieme. Non parliamo di teatro civile, né di denuncia sociale, ma di personaggi specifici, che nella loro particolare identità hanno una ben precisa collocazione sociale all’interno di un discorso artistico. Le prostitute, nella storia di Napoli, e di tutte le città italiane colpite dalla guerra, costituiscono un tassello importante nella ricostruzione di una visione omogenea, che comprenda in sé storia, cultura popolare, simbolo, tradizione, antropologia. Non possiamo dunque definire questo spettacolo né “folkloristico”, né semplicemente “racconto popolare”. Questo perché l’autore, Enzo Moscato, riversa nei suoi testi esperienze vissute, ricordo, vita, studi storici, filosofici e letterari, sensibilità artistica, visionarietà, stimolazione visiva e sonora. PATRIA PUTTANA, in scena presso la Sala Assoli di Napoli dal 25 al 29 marzo, ha insito nel suo titolo un ossimoro: il rispetto mancato  per una Patria che si vende, dove tutti sono servi di altri servi, ma dove la prostituta è “libera schiava di una padrone incatenato”. Enzo Moscato presenta uno spettacolo costruito su una struttura a “fisarmonica”: da una fusione iniziale si dipanano, poi, i personaggi singoli e le loro specifiche storie, nonostante si ricongiungano, a tratti, fondendosi in un unico percorso scenico, ma non testuale, che caratterizza una città ed uno specifico contesto storico. Se la caratterizzazione storico-temporale, quella della Seconda Guerra Mondiale, e quella geografica, la Napoli del secolo scorso, forniscono degli elementi specifici ( basti pensare alla lingua, ai nomi dei quartieri della città, ai soprannomi dei protagonisti), in realtà il discorso  è vasto e mai riconducibile solo ad un microcosmo, quest’ultimo in effetti luogo fisico e metaforico di partenza, ma instillatore anche di significati universali. Ecco quindi che la “Patria” non è solo l’Italia, ma il concetto identifica il luogo stesso in cui vivono le prostitute, dal vicolo al bordello, a tutta la città. Tutto diventa un mondo gestito da regole specifiche, una “Patria” vera e propria. La donna viene descritta con profonda e dolorosa poesia, tralasciando la volgarità inutile ed artisticamente poco proficua, nonostante la caratterizzazione popolare di alcune protagoniste. Anche la commiserazione viene posta in secondo piano. Ci troviamo davanti ad una descrizione forte, decorosa, potente, della femminilità e del femmineo a 360 gradi, all’interno di una sopravvivenza sovrumana che annaspa nella decadenza circostante. L’ambientazione è cupa, i camerini diventano luoghi di vestizione: la maschera della quotidianità assomiglia alle vetrine delle prostitute di Amsterdam. Moscato, autore, attore e regista, accompagnato dalla splendida e carnale Cristina Donadio, e dal giovane Giuseppe Affinito, diventa Nanà, colui che racconta la storia di Luparella, vendicandola dal delitto di necrofilia di cui si macchia il soldato tedesco, rendendola filo conduttore dell’intero spettacolo, tra nascita e rinascita, tra vita e morte legate da una forbice ed un cordone ombelicale. In essa si incastrano le vicende ed i personaggi di “Pièce Noire”,  di “Bordello di mare con città”, di “Trianon”, di “Bolero film”, di “Ragazze sole con qualche esperienza”. Donne in declino decadente o in declino ascendente, donne che muoiono e regrediscono o sopravvivono e si arricchiscono. Quindi il confronto non si basa sulle differenze tra la prostituta e chi non lo è, ma tra varie tipologie di prostitute. Si guarda, si ascolta, si parla con i loro occhi.  Moscato, presenza eterea, vivifica con un gesto della mano i personaggi presenti in scena; dà loro vita con un tocco,  con un suono, con la musica. Mentre la Donadio incarna, fisicamente e visceralmente, la profondità inconsapevole di queste donne, il giovane Affinito diventa menestrello e portatore di significati, di metafore e di immagini altre, metafisiche e deliranti, a volte, però, non integrandosi perfettamente, sia per gestualità che per interpretazione, nella solida costruzione del racconto, improntato sul collaudatissimo ed inevitabile binomio Moscato- Donadio. L’intero spettacolo appare come un rito, in cui narrazione ed immagini si fondono in un’ atmosfera chiaroscurale mistica e pagana. Grande eleganza di esecuzione, pubblico emozionato e partecipe, profondità di espressione e molteplicità di piani di comprensione ed osservazione. Un teatro sofisticato che non ha come finalità solo l’impatto scenico, nonostante il palcoscenico inevitabilmente completi, arricchisca e trasformi la lettura del testo, elemento complesso, che amplia la comprensione del lettore-spettatore ad ogni lettura e rilettura.

PATRIA PUTTANA
Sala Assoli Napoli
25-29 marzo 2014
Compagnia Teatrale Enzo Moscato
presenta
Patria Puttana
testo e regia Enzo Moscato
con
Enzo Moscato, Cristina Donadio, Giuseppe Affinito
allestimento Tata Barbalato
organizzazione Claudio Affinito