Commuovere, commuoversi, commozione sono uno dei termini “perduti” della nostra estranea contemporaneità, prigionieri ormai della retorica gridata dei titoli di giornale, schermo rigido e repulsivo per ogni vera emozione. La danza di Virgilio Sieni e la sua coreografia, ospite di FuoriLuogo a La Spezia
il 4 e 5 aprile, sono un evento che ce ne restituisce il vero senso ed il profondo valore, superate le false coscienze, quello del muoversi “con”, del muoversi e del vibrare insieme costruendo e condividendo lo spazio fisico e psicologico ritmato dalla musica.
Ulteriore tappa della pervicace ricerca di Sieni verso il gesto essenziale, oltre ogni orpello, verso dunque l'essenza e l'essenzialità di una umanità alla ricerca ripetuta di una dimensione singolare che da spaziale e temporale si struttura in psicologica, questa bellissima coreografia ha come protagonista un danzatore non vedente, il bravissimo Giuseppe Comuniello, ma come in un paradosso illuminante questa presunta limitazione diventa forza.
Non si possono non ricordare le suggestioni di Pina Bausch che, come Sieni, ricercava oltre la tecnica coreografica, comunque non eludibile, l'essenza di un movimento comune e condiviso che risultava sorprendentemente più evidente proprio laddove l'ostacolo o il deficit fisico, di qualunque natura, apparivano più forti.
Priva di qualsiasi seduzione al compatimento, la danza di Comuniello cresce e diventa man mano consapevole e agevole, profondamente spontanea e coerente, capace di guidarci verso una sincerità perduta nella retorica falsa dello sguardo contemporaneo, sincerità che il danzatore e il coreografo, con la loro fatica e la loro leggerezza, riconquistano per noi.
Tanto che alla fine è proprio il danzatore che ha avuto bisogno dei noi a diventare la guida mentre la scena si oscura.
Pinocchio è il simbolo di una conquista (diventare uomini e umani) e questo “Pinocchio_Leggermente diverso” è la metafora di una ri-nascita, riuscendo efficacemente a trasportare nel movimento la trama di una narrazione pervicacemente preservata, cioè senza nulla perderne ma ridisegnandone il senso e la struttura più intima.
La rappresentazione può così aprirsi alle più diverse suggestioni figurative (da Piero della Francesca, a Bellini e al Tiepolo) che diventano strumento di espressione e grimaldello di consapevolezza condivisa (anche in senso proprio per l'aiuto fisico che il danzatore chiede ed ottiene, dopo un breve sconcerto, dal pubblico).
In scena con il danzatore il piccolo Davide Cerri. Da segnalare poi le bellissime musiche di John Dowland e la collaborazione di Giulia Mureddu (progetto), Antonio Gatto (elementi scenici), Fabio Sajiz (luci), Umberto Foddis (suono).
Dopo il lavoro con i bambini ed insieme a quello con il padre malato, che ci auguriamo di rivedere presto, Virgilio Sieni affronta dunque anche questa “terra incognita” per la danza e ne ottiene un esito straordinario e sorprendente forse solo per la “cecità” emozionale dei nostri tempi.
Ha scritto in proposito Susanne K.Langer che “può essere benissimo, per esempio, che il nostro orientamento fisico nel mondo, la nostra avvertenza intuitiva della massa e del movimento, della coercizione e della autonomia, e tutti quei caratteristici sentimenti che ad essa sono connessi, sia il soggetto preminente della danza e della scultura piuttosto che (diciamo) della poesia;”.
Sieni ed il suo extra-ordinario danzatore, insieme impegnati in una ricerca in farsi, lo dimostrano ma non solo riguardo allo spettacolo ma anche riguardo a noi stessi.
Entusiastica ed entusiasmante la risposta del pubblico di La Spezia come sempre numeroso, vario ed appassionato.
Foto di Luigi Gasparroni