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Siamo tutti turisti. Subiamo il fascino dei luoghi lontani, che ci fanno sognare e desideriamo altri mondi, altre vite. Un uomo e una donna si incontrano in un pub. Lui ha un passato travagliato, lei è in cerca di un amore, di un’identità diversa, sogna la Norvegia, i bei paesaggi, il sole di mezzanotte. Sean accoglie Lisa nel suo appartamento, per una notte. La stanza è avvolta da un senso di precarietà, oggetti ovunque, scatole chiuse da mesi, rifiuti, lattine vuote, cibi avanzati...la precarietà del luogo, fa da specchio alla precarietà dei sentimenti, della condizione affettiva, situazione molto comune nell’uomo contemporaneo, caratterizzato spesso da stati d’animo oscillanti, insicurezza, identità liquide. L’atmosfera è quella del nostro quotidiano in scena. Si comincia con poche battute, dialoghi, inutili convenzionali, che non portano da nessuna parte, incapacità, di parlare, di comunicare realmente e un profondo desiderio di essere: essere norvegesi, per aggrapparsi ad una precisa identità a un modo di vivere, di vedere il mondo. La regia di Roberto Rustioni, (Premio Ubu 2011 con Lucido) discreta e delicata, grottesca e confidenziale, come in un film di Almodovar, immagina una via di fuga nella musica. I due protagonisti inciampano nella vita e inciampano in scena negli oggetti che la ingombrano, oggetti come rifiuti, cose inutili dimenticate. Sullo sfondo una finestra fiocamente illuminata che si affaccia sul vuoto. Elena Arvigo una delicata e sognante Lisa, nei toni e nei colori della voce, restituisce magia al grottesco quotidiano. Un po’ matta, un po’ fuori dagli schemi, estremamente fragile, il suo personaggio nelle incertezze degli sguardi, nella gestualità, con gli occhi da gatta smarrita, ricorda la piccola Hepburn in colazione da Tiffany. Analizzato in tutti i suoi elementi testuali, scenici, espressivi, lo spettacolo regala uno spaccato su alcune solitudini contemporanee. Il testo di David Greig (attualmente Drammaturgo per il Teatro Nazionale di Scozia), giovane autore scozzese, descritto come una delle voci più interessanti e avventurose della drammaturgia contemporanea, è delicato e senza particolari slanci, specchio di realtà governate dall’indifferenza. La sintassi del testo fluida e scorrevole emotivamente controllata, regala nel finale uno slancio verso l’amore necessario.

Milano, Teatro i, 18 Maggio 2014