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C’era una volta un re. Come tanti, come in tante storie. In realtà il re Francesco II di Borbone non è un re come tanti, soprattutto a Napoli. Ultimo del Regno delle Due Sicilie, il “Francischiello”, personaggio eponimo, rappresenta l’ultimo baluardo della monarchia borbonica italiana davanti all’avanzata garibaldina e alla trasformazione apportata dall’Unità d’Italia. La ricerca storica naturalmente è uno dei punti di riferimento fondamentali di questo spettacolo che, però, inserisce anche elementi ineludibili  della storia e della civiltà di Napoli: leggende e storia popolare. Dal nomignolo alla gestualità, ai dipinti che raffigurano il Re con il viso incorniciato da piccoli baffi ( così come quelli veri dell’attore), fino alla dialettica, alle movenze da marionetta di memoria napoletana, Totò in primis. Altro elemento costitutivo fondamentale: la drammaturgia shakespeariana. Lo spettacolo, in scena il 23 maggio presso il  Nuovo Teatro Sancarluccio di Napoli, si inserisce all’interno di una rassegna dal titolo TUTTO IL MONDO È PALCOSCENICO, collocata esattamente tra la fine della stagione 2013/2014 e l’inizio del Napoli Teatro Festival Italia 2014, il prossimo 6 giugno. Cinque spettacoli, in scena dal 21 al 25 maggio, il cui filo conduttore è Shakespeare e la sua drammaturgia, attraverso gli occhi della messinscena contemporanea, dell’adattamento, della rielaborazione di personaggi e tematiche, pur sempre attualissimi.
Storia e drammaturgia storica per uno studio creato da Carmine Borrino, che ne è anche l’interprete, accompagnato dalle ottime musiche di Lino Cannavacciuolo.  L’autore-attore sceglie di creare una sovrapposizione tra la storia di Francesco II e quella dell’Amleto shakespeariano poiché anche Francischiello, forse come tutti i re e i governanti legati o sottoposti ad una politica corrotta – accenna Borrino a conclusione di spettacolo-   avranno sempre un’ Ofelia, un Claudio, una Gertrude, un Fortebraccio. Il castello di Elsinore diventa il Palazzo Reale di Napoli, Ofelia diventa Maria Sofia d’Austria, consorte di Francesco, asburgica e donna di polso ma legata a lui da un ambiguo rapporto d’amore e devozione, Garibaldi diventa Fortebraccio. Il gioco drammaturgico non vuole creare delle forzature, ma all’interno del racconto “napoletano”, emergono tra le maglie i riferimenti alla drammaturgia inglese, e le coincidenze sorprendono il pubblico. L’universalità dei testi shakespeariani può sedimentarsi anche nella storia della città di Napoli e in quella dell’Italia post-unitaria. Carmine Borrino costruisce uno spettacolo che, nel corso dello svolgimento, accelera notevolmente, dando vita ad un turbinio di parole e gesti che sembrano trasformarsi in un vortice in cui la storia viene velocemente ingurgitata. Non è  semplice trattazione cronachistica, né  una banale caricatura del personaggio storico: la scena rende la storia drammaturgicamente fruibile. Alcune delle scelte registiche, proprio perché semplici ed inaspettate, appaiono davvero geniali: dal palloncino bianco sospeso a mezz’aria, simbolo dello spirito del padre, interlocutore di Francischiello-Amleto sul trono sbilenco, alle torce utilizzate sulla scena profondamente oscura per dare l’alternanza dei personaggi e dei bisbigli, all’utilizzo di una grossa bandiera con il simbolo del Regno delle Due Sicilie, sventolata in piedi sul trono – immagine che ricorda l’iconografia pittorica post-unitaria- sulle note di “Va pensiero” del “Nabucco” verdiano ( semplice riferimento e assonanza con un simbolo della cultura italiana?), fino alla vestizione e svestizione sul palcoscenico che fornisce il passaggio temporale dalla contemporaneità alla Storia e viceversa, e alla suggestiva scelta di aprire sul fondo una porta che immette ai camerini, squarciando violentemente l’oscurità della scena e facendo intravedere, in profondità, ciò che sta dietro il Franceschiello-amletiano: Sofia. L’attore entra nei camerini, mentre la donna è allo specchio e si trucca; il Re dipinge le sue gote di rosso prima del comizio pubblico. Mascheramento e infantilismo. Il Re che non è mai cresciuto e che è ancora puro, la maschera dell’esibizione, il comizio-mascheramento davanti al storia mascherata, la donna che sta alle sue spalle, i retroscena dietro le porte-tende, il mondo oscuro e segreto della corruzione di Palazzo. La meta teatralità dello spettacolo non si spinge solo oltre il proscenio, su cui è seduto l’attore a chiacchierare con il pubblico già prima dell’inizio della performance, “in front of” e anche in  “back”, sul fondo. Successo di un pubblico di affezionati, per una performance che ancora subisce dei rallentamenti davanti a qualche battuta incerta, mostrando piccole sfumature a tratti ancora acerbe, ma che di certo ha un grosso potenziale sia per la drammaturgia, che per la messinscena e l’interprete. Follia e ragione, sovrapposizione di epoche e personaggi, studio sul linguaggio e sulla gestualità: Francischiello+ Amleto. Bisognerebbe aggiungere anche l’Enrico IV, ma quello pirandelliano. Usurpazione del trono e follia ragionata.

Foto Pina Testa

FRANCISCHIELLO UN AMLETO RE DI NAPOLI
NUOVO TEATRO SANCARLUCCIO NAPOLI
23 maggio 2014
Uno studio shakespeariano di e con Carmine Borrino
Con musiche di Lino Cannavacciuolo
Una produzione CRASC-teatrodiricerca in collaborazione con ArtgarageTeatro
Disegno audio Fiore Carpentieri
Assistente alla regia Laura Angulo Diaz
Direttore tecnico Stefano Scotto Di Luzio
Assistente produzione Fabrizio Vezzi
Organizzazione Veronica Grossi
Ringraziamento speciale a : Gino Balestrieri