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In occasione del Festival delle Regioni, un ospite d’eccezione: Paul Castagno. La lezione ha avuto luogo nello spazio Conferenze del Piccolo Teatro Grassi, Angela Calicchio, Tatiana Olear e Gian Maria Cervo a colloquio con il professore docente di Drammaturgia e Letteratura Drammatica presso University of North Carolina Wilmington. Si entra nel cuore della scrittura drammaturgica contemporanea numerosi i riferimenti storici e gli aspetti tecnici offerti dal professore. Ben sostenuta la traduzione di Francesco Lovati (ideatore, tra l’altro, di un prossimo festival sulla drammaturgia inglese; tutte le informazioni su: www.milanoplaywritingfestival.it). Paul Castagno, ha compiuto una ricerca interessante che apre prospettive future sugli studi teatrali: la Drammaturgia Polivocale e l’eterogeneità di linguaggi e stili negli autori contemporanei. Paul Castagno, autore del testo “New Playwriting Strategies: Language and Media in the 21st Century”, considerato una pietra miliare nello studio delle

strategie drammaturgiche, è specializzato nello studio dell’impiego dei dialetti, degli slang e dei gerghi nelle strategie drammaturgiche che si sono rafforzate a partire dagli inizi del XXI secolo. La sua ricerca riguarda la scrittura per il teatro, il cinema, il web, le possibilità narrative a disposizione degli scrittori, le potenzialità di ibridazione offerte dalle strategie polivocali. Introduce la conferenza Angela Calicchio la quale precisa che il Teatro delle Regioni è un teatro che attraverso i diversi linguaggi contemporanei dialetti, culture, mode sguardi, rivitalizza il panorama teatrale contemporaneo.  Gian Maria Cervo (un drammaturgo, traduttore e docente. Tra i suoi testi Call Me God, scritto in collaborazione con Marius von Mayenburg, Albert Ostermaier e Rafael Spregelburd. E’ direttore artistico di Quartieri dell’arte, festival di Viterbo e docente tutor presso il corso di sceneggiatura del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma) introduce il tema della ricerca. La Drammaturgia Polivocale nasce agli inizi degli anni Ottanta quando alcuni drammaturghi iniziano a scrivere sperimentando una nuova formula stilistica e linguistica che oggi sta diventando sempre più incisiva, una formula legata al panorama globale contemporaneo. La lingua diventa protagonista e connota i personaggi, il personaggio viene trascinato dalle strutture linguistiche, i suoi gesti, i suoi modi di agire e di pensare (Lacan ha studiato a fondo questi aspetti) assorbono il patrimonio linguistico globale e si fanno trascinare dalle sue strutture. La struttura linguistica determina il percorso del testo, la psicologia dei personaggi, le visioni sceniche. Si parla di polivocalità testuale che non riguarda tuttavia solo la lingua ma anche le culture, gli sguardi sul mondo. La realtà eterogenea nelle nostre società si riversa nel panorama drammaturgico e crea contaminazioni: un acquario linguistico che diventa anche uno zibaldone metalinguistico: un modus vivendi narrativo contaminato e plurilingiustico. Paul Castagno racconta il percorso di ricerca durato venticinque anni e che ha portato alla pubblicazione del libro nel 2012. «Dialogismo e Polivocalità personaggi multivocali vs tradizionali. Che cosa definisce l’intrattenimento dei diversi fondanti» Già a partire dagli anni Ottanta Novanta si avvertivano questi cambiamenti in molti autori Arnold Wesker, Alan Bennet, Tennessee Williams, John Osborne, Arthur Miller, Edward Albee che hanno compiuto viaggi sperimentali per raccontare i drammi dell’uomo contemporaneo, con Tarantino la polivocalità diventa prassi. A partire dal 2010 in poi una seconda generazione di drammaturghi sperimenta nuove modalità d scrittura e le fa proprie, fra questi alcune donne Suzan-Lori Parks, Sarah Ruhl, Naomi Lizuka, Caryl Churchill; spazio, suono immagine così come le parole diventano un’alchimia. Lo stile di questa nuova generazione di autori è del tutto singolare, strutturato fra la poesia e la prosa, mescola il lirismo con l’ironia, il sacro e il profano per catturare l'essenza della vita di tutti i giorni. Nelle loro opere teatrali, un mare di lingue e emozioni ci porta ad una più profonda comprensione della contemporaneità le nostre menti si dilatano in ogni direzione, l’immaginazione corre libera.
Quali sono gli aspetti che caratterizzano la scrittura Polivocale? Come si caratterizza una struttura dialogica? Quali differenze rispetto alle forme tradizionali di scrittura che si definiscono monologiche?
Il docente per chiarire questi concetti nuovi ci aiuta con una serie di slide.
Il Dialogismo è interattivo, il drammaturgo diventa un orchestratore di fonti multiple e di più voci. I punti di vista sono molteplici e possono emergere anche in un solo personaggio, gli spostamenti culturali sono diversi, l’effetto è quello di un’ibridazione continua. Nel monologismo al contrario (tipico del teatro tradizionale) l’autore è unico creatore, unico è il punto di vista, sono rimosse le contraddizioni e si punta su una prospettiva esclusive dettata dal drammaturgo. Il Dialogismo Polivocale può includere modalità contrastanti di presentazione, combinare forme antiche e moderne. Può unire vecchie forme teatrali più tradizionali, con un linguaggio contemporaneo. Giochi minstrel (blackface), tableau vivent, forme teatrali asiatiche.
In questo modo la drammaturgia assume aspetti ibridi, presenta una miriade di combinazioni letterarie. «L’autore organizza o crea fonti disparate, come un collage. Il collage trasforma i diversi materiali in un nuovo complesso estetico» Come avviene nelle opere di Len Jenkin. Nei suoi testi si riscontrano diversi registri linguistici, materiali e fonti molteplici. Spostamenti multipli del racconto, improvvisi cambi narrativi, come per esempio i lunghi monologhi che interrompono la continuità narrativa. Il monologo diventa un passaggio al nuovo scenario, è destabilizzante, rappresenta uno spostamento del fulcro. (Skaaz; monologo pivot).
Le radici di questa nuova drammaturgia si possono riscontrare nella nostra commedia dell’arte che combina italiano con dialetti, che usa la tradizione popolare per raccontare i drammi comuni. Anche Shakespeare  amava unire molte fonti (storia, novella poesia, cronaca, approccio anti-classico) creando sorta di contaminazione estetica. Oggi esempi di drammi ibridi li troviamo nelle opere di Naomi Lizuka ( “36 Views”) e in Caryl Churchill (“Mad Forest”). Sorge inevitabilmente una domanda:Quali caratteristiche avranno i personaggi in un testo Polivocale?
Useranno strategie diverse di linguaggio, con improvvisi spostamenti fra livelli di lingua saranno determinati dalla stesa struttura linguistica che li guiderà, la lingua viene prima del personaggio non c’è relazione fra appartenenza di classe e livello del discorso; la loro lingua è determina da varie fonti polifoniche slang, dialetti, parole straniere; un personaggio può trasformarsi improvvisamente in un altro, cadono ulteriormente le categorie di tempo e spazio che possono essere sempre più lontane e slegate, tutto è possibile! Il testo attraverso personaggi così eterogenei ingloba tutto: generi diversi, cinema, letteratura, fumetti, citazioni storiche, proverbi...
Al termine molte domande e chiarimenti e una sollecitazione da parte della rivista “Stratagemmi” Quali sono oggi i limiti e le potenzialità di una scrittura polivocale? L’impiego di dialetti, slang e gerghi nella scrittura drammaturgica si riduce a stereotipo o può diventare mezzo per trovare una diversità linguistica nella scrittura per il teatro? Anche all’interno della drammaturgia contemporanea italiana? C’è molto ancora su cui riflettere. La ricerca è solo agli inizi.
Infine due consigli per gli autori presenti (ahimè pochi...) “Leggere altri autori, imparare dagli altri e scrivere, scrivere...” (ben detto!) ... e un dubbio di Elias Canetti che mi assale all’improvviso:
«Scrivere ti dà sollievo. Persino quando non hai niente da dire, scrivere ti dà sollievo. Ma lo sappiamo, quando non abbiamo niente da dire?» (Elias Canetti, Un regno di matite, 1996)

Outis Festival delle Regioni, Piccolo Teatro Grassi, Milano 23 Luglio 2015