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Al “Teatro i”, prima opera tratta dal trittico di Francesca Garolla, seguiranno in tappe successive “Solo di me” e “Non correre Amleto”, tre testi che indagano sulla nostra realtà contemporanea. Rapporti tra le generazioni: un padre, un figlio; il ruolo della donna oggi; relazioni di genere: come è uomo quell’uomo, come è donna quella donna. 
N.N. NOMEN NESCIO, nome sconosciuto. Figlio di N.N., figlio di padre senza nome. Nel nome c’è il destino dell’uomo. Uomini senza nome, uomini senza storia
Il testo è stato tradotto e presentato a Le Theatre Scène National di Saint Nazaire, Festival Ring a La manufacture di Nancy e TNP di Lione – Face à Face, Paroles d’Italie pour les Scènes de France.
In scena un padre e un figlio si interrogano sui reciproci desideri sulla loro epoca sulle loro diversità. La parola scenica

originale e poetica carica di metafore e alliterazioni di Francesca Garolla, scorre come due monologhi paralleli. Quello del padre, quello del figlio. I due si incontrano in un’unità di tempo frammentato, scomposto. In attesa di una cerimonia funebre, di un riconoscimento, di un passaggio temporale Padre e figlio si confondono in questo universo fatto di ricordi e frammenti di vite, di foto in cui si cerca di fissare la memoria di un attimo. In cui si percorrono eventi storici. «Gli avvenimenti successivi al 1968, fino a gran parte degli anni ’70, hanno sancito una frattura sia da un punto di vista storico che antropologico. La generazione che partecipò attivamente al movimento di quegli anni ha in qualche modo voluto “uccidere” i propri genitori rifiutandone la legge.» Che cosa ha lasciato questa generazione ai propri figli? Fragilità, incapacità di intraprendere un cammino di scegliere una strada. Figli senza piedi. Un’analisi del presente condotta attraverso gli occhi di una donna, nata negli anni Ottanta, Novanta, una donna che come tanti giovani oggi, porta il peso della forza dei padri: «figli che faticano ad uccidere metaforicamente i propri genitori, incapaci di elaborare il lutto, non riescono a diventare adulti e a riappacificarsi con la storia». La regia simbolicamente sonora di Renzo Martinelli, valorizza il testo letterario della dramaturg con invenzioni sceniche dinamiche e controcorrente, rispetto ad un teatro contemporaneo che tende spesso verso un’eccessiva semplificazione. Mobili con antine che emettono suoni, specchi parlanti, tavoli che diventano torri, dove raccogliere la memoria storica di generazioni. Martinelli inserisce i due personaggi in un paesaggio sonoro che privilegia la consonanza fra movimenti scenici e stati d’animo. La scenografia non si limita quindi a contenere un determinato racconto ma dialoga con i protagonisti attraverso suoni e rumori, che diventano echi di ricordi. Gli effetti illuminotecnici ben gestiti da Mattia de Pace e Fabio Cinicola, regalano un ulteriore intensità ai due personaggi. Il testo risulta, in tal modo, vivificato, esaltato nella forma poetica e acquisisce un dinamismo poliedrico in una scena che, parla, canta, riflette. Giovanni Battaglia e Matteo de Mojana, rispettivamente nel ruolo del padre e del figlio, con buona naturalezza e totale adesione alla maschera, sono in empatia con personaggi difficili da gestire. Una prima tappa di riflessione, un buon inizio per il trittico. Fra riferimenti mitici ( il padre si chiama Saturno, il figlio Claudio) e cicli storici, un antico proverbio per concludere... Chi ben comincia è a metà dell’opera!

Milano, Teatro i, 23 Aprile 2015
N.N. FIGLI DI NESSUNO
di Francesca Garolla