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Secondo spettacolo della trilogia di Francesca Garolla, da NN Figli di nessuno, alle madri, alle donne, alle figure mitiche (Ifigenia, Alcesti, Medea), che riempiono con i loro sguardi con le loro attese, il nostro universo femminile. Il testo sarà presentato al festival d’Avignon 2015 ed è in fase di traduzione e pubblicazione nella Repubblica Ceca. E’ una bella notizia per la drammaturgia femminile. Teatro ì, dà spazio alle voci femminili e lo fa attraverso lo stile musicale delle regie di Renzo Martinelli. «Donne sacrificate a qualcuno, per qualcosa, donne sacre e sacrificanti il loro bene più prezioso, donne senza potere che pure possono qualunque cosa. Donne il cui nome viene dimenticato. Che tu sia per me la figlia giusta, la compagna perfetta, la madre infallibile. Donne le cui lacrime sono potenti come eserciti» Una riflessione sul

sacrificio e sul potere in una società fatta di immagini e comunità virtuali, rappresentata dalle sedie vuote, rivolte verso le quinte, disposte in palcoscenico. La trama rappresenta un osservatorio privilegiato per comprendere il ruolo della donna oggi, attraverso una dimensione catartica di suoni, rumori, echi, maschere grottesche e surreali, spinge gli osservatori a riflettere sul cammino compiuto dalle donne oggi, attraverso le figure mitiche di Alcesti, colei che si sacrifica per la famiglia, Medea colei che distrugge la famiglia, Ifigenia la figlia da sacrificare, la donna alla disperata ricerca di un futuro migliore. Alcesti, esaltazione dell’amore coniugale, è una donna che ama ha promesso di donare la sua vita, sposa felice, si sacrifica per amore. Medea uccide i figli dell’uomo che non l’ama più dell’uomo che compie su di lei una violenza non solo fisica, tradendola, ma anche psicologica, mortificandola, umiliandola. Ifigenia è la donna in attesa...Quante violenza si compiono oggi sulle donne? Quante violenze si compiono partendo proprio da quest’idea di dominio da questa cultura ambigua che da un lato esalta le donne, dall’altro, continua ad ignorare la loro voce. Dietro il palcoscenico dell’emancipazione c’è ancora molto da fare da costruire se il numero delle violenze di genere è ancora in crescita. Il teatro è un modo per riflettere su questi passaggi, di vita, su questi climi sociali. L’alchimia sonora e visiva messa in campo da Martinelli partendo dalle parole poetiche di Francesca Garolla, è ricca nei simboli scenici, nei gesti e nelle espressioni, delle tre attrici. Diverse forme espressive si incontrano come se fossero le note di una partitura musicale. I suoni di Fabio Cinicola e le luci Mattia De Pace, arricchiscono le il viaggio della regia. Le sedie della doppia platea che guarda verso le quinte, le luci laterali che tagliano la scena, il finto palcoscenico sullo sfondo che sale e scende come una ghigliottina sulla vita della piccola donna, Paola Tintinelli (magica come sempre) sacrificata sull’altare della società spettacolo. Anna Della Rosa e  Anahì Traversi, nel ruolo delle figure mitiche ridotte a comari di paese, conducono la scena interpretando e conquistando con buona presenza ed eclettica contaminazione espressiva, le figure del racconto. Come sono le donne oggi, dove vogliono andare e soprattutto dove possono, dove riescono ad andare? E’ la domanda conclusiva nella scena simbolica finale. «Al di là dell’essere per qualcuno o per qualcosa, le donne desiderano essere, semplicemente» Suggerisce l’autrice. Non è facile, nonostante i passi compiuti, ancora molto resta da fare. Come può essere la donna oggi? «Deve essere a scelta. Cambiare, purché niente cambi...» (Wislawa Szymborska)

Milano, Teatro ì, 14 maggio 2015