Il teatro va nelle case, come avveniva una volta. Oggi va nelle case anche per sperimentare nuove modalità, per affrontare la crisi, per riflettere. A Milano due gentili e fantasiose signore Alberica Archinto e Rossella Tansini, due donne con lunghe esperienze e passioni teatrali alle spalle, in collaborazione con il Teatro Alkaest, portano il teatro in luoghi storici di grande impatto visivo, come la Casa Museo Boschi Di Stefano. Il progetto che curano da anni, “Stanze esperienze di teatro d’appartamento”, giunto alla quarta edizione, apre la sua stagione estiva nelle meravigliose stanze della Casa Museo, dove è possibile ammirare, in attesa dell’evento, le collezione di opere d’arte del Novecento, da Sironi a Campigli, da Fontana a Manzoni, da De Pisis a Savinio, a Morandi, De Chirico, in un susseguirsi di capolavori raccolti
da Antonio Boschi e Marieda Di Stefano, lui ingegnere, lei artista che dedicarono la loro vita all’arte. Una selezione di circa trecento delle oltre duemila opere raccolte sono esposte negli undici spazi della casa, mentre il resto della raccolta è in mostra nel Museo del Novecento di Milano. La collezione comprendente pitture, sculture e disegni dal primo decennio del Novecento alla fine degli anni Sessanta. Primo spettacolo della rassegna estiva “Šostakovič il folle santo” drammaturgia di Antonio Ianniello, e Francesco Saponaro, regia e spazio scenico di Francesco Saponaro. La drammaturgia essenziale e poetica, racconta i momenti salienti della vita del musicista, costruita attraverso un attento lavoro di ricerca: testimonianze, documenti ascolto musicale; una drammaturgia che nasce e si completa nella musica, che vibra come le note del musicista. Ritenuto tra i più importanti compositori di scuola russa ma anche della musica del Novecento, Šostakovič ebbe un travagliato rapporto con il governo sovietico: subì due denunce ufficiali a causa delle sue composizioni (la prima nel 1936, la seconda nel 1948); i suoi lavori furono spesso censurati. La sua totale riabilitazione avvenne solamente dopo la morte di Stalin. Ricevette moltissimi riconoscimenti e titoli internazionali. La sua vasta produzione comprende musica sinfonica e corale, ma anche molta musica da camera, per balletti e, soprattutto, per film. La regia costruisce il mondo del musicista partendo dalle sue composizioni meno note e questo rende il lavoro ancora più meritevole, un monologo musicale creato con una semplicità che lascia il segno e diventa produzione culturale. Tony Laudadio incanta e convince decisamente, in una figura non facile da rendere, lontano nel tempo e nello spazio dai nostri universi culturali. Quasi sempre seduto su una poltrona color crema, che richiama il colore degli spartiti musicali, racconta con le mani, con gli occhi e, con la matita, scrive brani melodici; nella visione scenica della regia rappresenta in tal modo l’immobilismo di un artista che avrebbe voluto andar via dal suo paese ma non è mai riuscito a farlo, nonostante le numerose difficoltà, le incomprensioni, i sospetti sul suo lavoro: «dormo vestito per tanti anni, la valigia pronta vicino al letto». Attraverso la bellezza e la purezza dei gesti scenici, attraverso la scelta dei brani musicali che accompagnano il monologo, la regia esprime la nobiltà d’animo di un uomo che sente il dovere di lottare contro ogni pornografia musicale, contro le ipocrisie del suo tempo. “Signore concedimi la forza di mutare ciò che può essere mutato...”. Un percorso che diventa rifugio contro ogni sguardo volgare, (la nostra epoca è quasi immersa in una discarica di volgarità) amplificato dalla sala della rappresentazione, arricchita, a sua volta, dalle opere d’arte esposte. La scena, senza scena, nel progetto Stanze, diventa evidente dimora di un piacere condiviso. Si può dire, in questo caso, così come suggerisce Mallarmé, che il piacere del teatro è un diritto che la società deve al cittadino
Šostakovič il folle santo
di Antonio Ianniello e Francesco Saponaro
Milano, Palazzo Boschi Di Stefano, 4 Giugno 2015