NIP, cioè “Not Important Person”, viene dritto dritto dai festival e ne ha ancora tutta l’aria. “NIP” (prodotto da “Macelleria Ettore_teatro al kg”), vincitore del Premio Nuova Scena Tn 2013 del Centro Santa Chiara di Trento, finalista al Premio Kantor 2010 del Crt di Milano, ha alle spalle il sostegno di vere e proprie officine teatrali come Centrale di Fies, Scarlattine Teatro e Spazio Off.
Risulta pertanto piuttosto inconsueto trovarlo in un teatro milanese tradizionale, sebbene apertissimo alle sperimentazioni, come l’OUT OFF (via Mac Mahon 16, fino al 21 giugno 2015). Ma se la risposta del pubblico, in termini di numeri, non è ancora paragonabile alla prosa dei grandi autori,
la colpa non è certo dello spettacolo in sé. Maura Pettorruso, Stefano Detassis e Paolo Pilosio si destreggiano abilmente in una recitazione che è ora mimo, ora performance, ora semi-cabaret, ma mai e poi mai teatro tradizionale. Uno sfondo bianco, un “non spazio” bello e buono riesce a collocare i testi stralunati nella quotidianità di ognuno di noi. Ci sono pensieri di violenza e sopraffazione che attraversano come lampi istantanei le menti di chiunque viva nella frenesia quotidiana, ci sono istinti sessuali, tenerezze, auto-rappresentazioni idealizzate, meschinerie e goffaggini. Insomma, lo spettatore si siede pensando che questo spettacolo parli di qualun altro da sé e alla fine scopre di essere più che coinvolto in quei ritratti.
La tecnica teatrale unisce il video girato in scena e proiettato in diretta alla voce registrata e al movimento sincopato dei corpi, come manichini in balia di archetipi minori, scialbi e dozzinali.
Ne nasce un ritratto della moderna quotidianità fatto di frammenti, mezze parole, stati d’animo e modi di pensare. Un flusso di (in)coscienza pop che sfugge a chi lo produce – cioè ciascuno di noi – ma colpisce chi lo osserva - cioè ancora noi - per la tagliente capacità rappresentativa.
Si sorride, si storce il naso, si ammutolisce davanti al cinismo. Ma il risultato è perspicace e valido, raggiunge l’autoanalisi e ti spinge a pensare che almeno uno dei tanti pezzettini umani messi in scena sia in realtà ispirato proprio a te.
foto Francesca Padovan