La piana di Albenga nel ponente ligure è, come credo a tutti noto, punteggiata di serre e coltivazioni aperte che, con le loro atmosfere aromatiche, degradano verso il mare. Tra queste serre, simbolo di produttività ma anche straordinariamente evocative, Kronoteatro e il suo Direttore Artistico Maurizio Sguotti hanno ben organizzato la sesta edizione di un Festival che già dal nome propone una visione singolare del fare artistico e del fare teatro, la visione di un teatro le cui radici sono come affondate nel fare quotidiano di quelle terre e delle persone che lo abitano o lo frequentano. L’evento, iniziato sabato primo agosto, si è concluso
felicemente lunedì 3 con due interessanti spettacoli.
SURVIVRE – AGLI ALTRI
Survivre è un percorso, dentro il teatro e dentro la struttura essenziale della drammaturgia, che nasce dalla collaborazione della compagnia italiana “Menoventi” con i francesi di “Pardès Rimonim”. È un titolo singolare, la cui suggestione si incista quasi nell’operare scenico che si pone il problema, appunto, della sopravvivenza, non solo genericamente intesa ma nell’ottica dell’atto artistico e dell’oggetto che ne è la conseguenza. Gli episodi nascono da una apparente improvvisazione ma seguono un filo profondo e ben padroneggiato che va a smascherare tic e luoghi comuni non solo del teatro. In particolare questo episodio affronta il tema della copia, ovvero della riproducibilità del gesto e della parola, tema che richiama immediatamente le riflessioni intorno all’argomento di Walter Benjamin. Gli attori in scena dunque affrontano la lettura di un testo, recitato solo dal primo protagonista e poi riprodotto meccanicamente in registrazione, accompagnandolo con azioni mimiche che ognuno riproduce, copia appunto dal primo attore, per reciproca imitazione. L’effetto è paradossale in quanto la dispersione nel tempo provocata dalla ripetizione della parola, anziché annullare l’effetto di significazione lo irrobustisce facendo del suono man mano distillato, appunto dalla parola che si disperde, un veicolo potente di comunicazione e, per il pubblico, di intima ed inaspettata riflessione. Ideazione e drammaturgia di Gianni Farina Bertrand Sinapi Consuelo Battiston e Amandine Truffy le due attrici hanno partecipato allo spettacolo (la prima e l’ultima della catena), e tra l’una e l’altra alcuni giovani di Kronoteatro e di partecipanti ai laboratori che hanno accompagnato il Festival. Un bel lavoro, in continua crescita che dimostra come spesso la semplicità sia più prossima all’essenza delle cose di molta artefatta razionalità. Ha chiuso una breve conversazione con Oliviero Ponte di Pino.
PICCOLI SUICIDI IN OTTAVA RIMA
La compagnia toscana “I Sacchi di Sabbia” con questa sua drammaturgia in quattro quadri affronta in un certo senso anch’essa, e sagacemente, il tema del trasferimento e del mantenimento dei significanti tra una sintassi espressiva o, in senso profondo, artistica ed un’altra. Evidentemente appassionati cultori del cinema e delle sue forme, tentano qui di riprodurre nelle tonalità dei “maggi”, i cantari tradizionali dell’appennino tosco emiliano, le strutture narrative e di genere di famosi film. È un lavoro efficace che produce una sorta di apertura sorprendente e grottesca che dilata le atmosfere e le riconduce ad una ironia dissacrante ma anche liberatoria. Dal western di Pat Garrett e Billy the Kid, alla fantascienza dell’invasione degli ultracorpi, passando per lupi mannari e la comicità di improbabili spermatozoi, I Sacchi di Sabbia sanno filtrare temi distanti in apparenza ma ricchi di reciproca suggestione e sanno amalgamare in unità rappresentativa sintassi e linguaggi che trovano nei ritmi antichi in ottava rima spazi per rinnovarsi e reinventarsi. È una sorta di allegoria mascherata in cui dramma e commedia ritrovano un terreno comune ed un contesto che profondamente li lega alla comunità che li accoglie. Ideazione di Giovanni Guerrieri e Giulia Gallo, per la regia di Giovanni Guerrieri. In scena i talora funambolici Gabriele Carli, Giulia Gallo, Giovanni Guerrieri, Enzo Illiano e Giulia Solano.
Sono spettacoli che indicano una continuità ed una profonda coerenza con l’idea del Festival che li ha accolti, un festival che ha saputo richiamare con efficacia un pubblico entusiasta, presente numeroso anche lunedì, fuori e dentro le serre della floricultura Aeffe di Leca d’Albenga.