Rivisitare un tema consueto, come quello del tradimento, è talora utile se arricchito da quei quasi impercettibili slittamenti di senso che una drammaturgia come questa, su un tema appunto all’apparenza consueto, contiene in sé grazie ad una ironia spesso tagliente che riesce a scomporre un puzzle esistenziale che si ritiene, cioè che ritiene sé stesso, ormai conchiuso.
In effetti con questa “svergognata”, la brava Antonella Questa ci mostra come nella nostra contemporaneità il tradimento non è abbandono ma è solo il
distogliere lo sguardo come se l’immagine che abbiamo di noi, persi i suoi riferimenti più intimamente autentici, dipendesse esclusivamente dall’immagine che gli altri, a partire da quelli che ci sono più vicini, hanno e conservano di noi.
Così il tradimento di questa donna dalla vita “perfetta” non è il frutto di un ribaltamento esistenziale, ma un semplice gioco di sguardi che si appoggiano altrove e ci abbandonano mentre all’apparenza nulla cambia. Un gioco di immagine dunque che, disvelato, denuda però il vuoto, non solo in nostro vuoto ma il vuoto di quelli che ci circondano.
Basta dunque un piccolo slittamento, qualche immagine virtuale su un telefonino, per smascherare l’ipocrisia di anni e per smascherare luoghi comuni, maschere e stereotipi (da quelli familiari di una madre all’apparenza “retta” e rigida, a quelli sociali come la prostituta più umana di ogni altro essere umano) e farci ritrovare soli ma soprattutto vuoti.
Lo sguardo degli altri manca e non è facile ritrovare un nostro sguardo, se non, fallito ogni tentativo di riconquistare lo sguardo altrui, con un gesto eclatante e definitivo come un dire basta e ripartire da sé.
Una drammaturgia interessante questa, in cui in fondo è la protagonista che si scopre essere l’unica svergognata in quanto consapevole, che usa l’ironia ed una giusta dose di umorismo per incuriosire il pubblico e così, forse, meglio e più profondamente colpirlo.
Scritta da Antonella Questa e diretta da Francesco Brandi, vede in scena unica protagonista la stessa autrice, brava con pochi movimenti recitativi e efficaci atteggiamenti mimici a rendere i diversi personaggi nelle giuste tonalità e nella giusta e rotonda prospettiva, ben aiutata dalle coreografie di Magali B. - Cie Madeleine&Alfred e dal disegno luci di Erika Borella.
Visto il 23 ottobre al Teatro Cargo di Genova Voltri, anzi nel settecentesco teatrino di Villa Galliera, insieme ad un pubblico numeroso che a lungo ha applaudito.