Esordio intenso ed importante, questo, della rassegna di danza internazionale “Resistere e Creare” che dal 26 novembre al 6 dicembre impegnerà praticamente tutti gli spazi del Teatro della Tosse di Genova, una rassegna che dunque consolida, anche attraverso residenze e seminari, la collaborazione ed il legame recente tra la compagnia Balletto Civile e la Fondazione Luzzati-Teatro della Tosse. È una prova, ulteriore, della maturità artistica di Michela Lucenti che lo spettacolo ha ideato insieme a Maurizio Camilli e che ne ha curato la regia e la bella coreografia. Una sperimentazione non agevole, che tende a mescolare i linguaggi espressivi, del corpo e della parola drammaturgica, facendoli reciprocamente interferire ben oltre gli stilemi consolidati e consueti, ben oltre, dunque e anche procedendo contro, quelle barriere estetiche che, da tempo
messe a dura prova nelle più avanzate esperienze europee, in Italia ancora irrigidiscono le potenzialità significanti del corpo in scena.
Un corpo da vivere e vissuto come testimone del suo tempo, inteso questo sia quale storia comune sia quale esistenza singolare, come la Lucenti indica nella presentazione della rassegna che lei stessa dirige.
Da lì sembra dunque partire una sorta di indagine estetica, cioè dalla concretezza sociologica dei rapporti umani che si fanno politica e che producono cultura e comunicazione generando un senso condiviso dell’esistere da soli e insieme.
Così da una sintassi quasi brecthiana che coinvolge la narrazione stessa (come non ricordare la suggestione di “Ascesa e caduta della città di Mahagonny) nei suoi esordi musicali e canori, si sviluppa una peripezia che lancia i suoi segnali oltre il contingente.
Musica e canto dunque da un palazzo occupato nella Vienna (Vienna la rossa) del 2014 circondato e sgomberato con la violenza di un potere il cui braccio armato è ormai irreversibilmente grottesco e ottusamente incapace di capire non solo il diritto alla casa, ma anche la ricchezza di quella esperienza di partecipazione condivisa, impegnato com’è a raccogliere le briciole di una ricchezza che non gli apparterrà mai. Pizzeria Anarchia è il nome di quel palazzo.
E poi, da questo recitar-cantando, sintagmi circensi con travestimenti e funambolismi, inseguimenti comici e cadute paradossali insieme a esplosioni di parole che tutto questo organizzano in senso compiuto.
La coreografia, eccellente nella ideazione e nella realizzazione scenica che valorizza la modernità di Michela Lucenti nei movimenti e nella gestione del corpo, forse la parte più bella e riuscita, dà struttura coerente all’intera drammaturgia, mentre la metafora del cane randagio (la stessa Lucenti) che sfugge al tentativo di irrigimentamento da parte della polizia, ritornando alla sua libertà e alla sua natura, forniscono un senso e una opportunità di comunicazione piena.
Forse, però, proprio questa ridondanza di stili e stilemi, di forme espressive e di sintassi, necessita di un qualche ulteriore approfondimento per eliminare talune incoerenze e qualche salto troppo repentino, per raggiungere, con la piena lievitazione dell’impasto, un amalgama coerente. Era comunque la prima e il tempo saprà fornire, credo, i giusti correttivi e perfezionamenti.
Frutto di una collaborazione produttiva internazionale tra Italia, Austria e Germania, si avvale della drammaturgia di Thomas Desi e Bernhard Glocksin e delle musiche originali di Michael Emmanuel Bauer. Sul palcoscenico con Michela Lucenti, gli eccellenti Fabio Bergaglio, Maurizio Camilli, Ambra Chiarello, Alessandro Pallecchi, Emanuela Serra, Demien Troiano, Benoit Pitre (Baritono), Florian Bergmann (sassofono e clarinetto basso) e Alberto Canevari (chitarra elettrica).
Un teatro felicemente pieno, e alla fine entusiasta, ha dato un segnale positivo allo spettacolo di esordio e all’intera rassegna, testimoniando ancora una volta l’efficacia delle scelte del teatro della Tosse.