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Napoli può diventare un grande parco a tema? Cominciamo dalla fine. La morte. Inutile nascondere il colpo di scena, poiché si comprende sin dall’inizio quale sarà la conclusione. O meglio, la morte è costantemente protagonista, simbolica o reale, dell’intero racconto. Giuseppe Montesano, autore napoletano pluripremiato, intitola il suo romanzo, pubblicato nel 2005, DI QUESTA VITA MENZOGNERA, ed Enrico Ianniello ne riprende il testo per il suo adattamento scenico. Molteplici personaggi, una famiglia: i Negromonte salgono sul palcoscenico del Piccolo Bellini di Napoli, dall’8 al 13 dicembre. Ianniello li ingurgita voracemente, interpretandoli tutti. Da un lato, il giovane Andrea, dall’altro la famiglia dei Negromonte, al centro il dandy Cardano ed il suo segretario/discepolo Roberto, che ci conduce negli inferi della settecentesca villa.

Il bianco ed il nero, uniti da un dandy che critica la condizione e lo stile dei Negromonte, ne è sottomesso ma osserva con ardore l’indole refrattaria del giovane. Il testo è ricco di nomi di memoria letteraria e drammaturgica, ma anche da quelli provenienti dalla bassa cultura dell’omologazione contemporanea: Calebbano-Calibano, Negromonte/Negromante – che ricorda anche la commedia di Ariosto, rivolta proprio alla critica della società e delle stupide credenze popolari-, il riferimento al Che Guevara stampato sulle magliette, la bimba Salomè che danza mostrando al nonno-boss il seno che cresce, fino alle rimembranze ruccelliane nella descrizione di Alfredino da parte di una delle donne di famiglia. La guerra tra ignoranza e cultura incombe ed EterNapoli altro non è, che il baraccone della cupidigia, della sottocultura, del kitsch a tutti i costi, del denaro a fiumi. Un parco a tema il cui paradosso è l’utilizzo delle bellezze naturali, storiche, artistiche ed archeologiche che la città, e l’intera regione, offrono a costo zero. Ma se a fondare EterNapoli è una famiglia dalla natura camorristica e dalla cultura inesistente, le domande sorgono spontanee.  In effetti il racconto narrato all’interno di questo romanzo non dà in pasto agli spettatori un percorso totalmente originale o innovativo, vista la tematica sfruttata anche all’interno di numerosi spettacoli o film che affrontano il tema del degrado napoletano; questo permette, dunque, un approccio variabile al prodotto scenico. Da un lato troviamo lo spettatore poco entusiasta nei confronti del racconto, ma profondamente affascinato dalla straordinaria interpretazione di Ianniello, dall’altro lo spettatore che vede per la prima volta la descrizione della propria città attraverso un’originale caratterizzazione fumettistica, quasi fantascientifica, cogliendone l’ironia distruttiva, proprio quella che fa sorridere ripetutamente il pubblico. L’attore, che è anche regista, pone una sedia-trono sulla scena. Un video alle spalle integra la narrazione con proiezioni o funge da muro divisorio, da quinta utile all’inserimento di giochi di ombre. La recitazione si articola attraverso l’alternanza di diverse voci e l’uso della gestualità accentuata, elementi che caratterizzano necessariamente ogni personaggio, aiutando, così, il pubblico nell’identificazione di ogni nome. Un’accelerazione violenta porta la narrazione a trasformarsi in un vortice inesorabile. L’adattamento scenico prevede una riduzione del testo e, quindi, una compressione narrativa notevole, nonostante lunghissimi stralci di testo siano estrapolati e recitati in forma narrativa e non drammaturgica, attraverso l’utilizzo di una lingua ibrida, dialettofona, utilizzata anche nel romanzo. Ianniello si sofferma soprattutto su lunghi discorsi relativi alla cultura, al libero arbitrio, alla possibilità di cambiare il corso della propria vita e dell’intera città, al coraggio del cambiamento, alla ribellione, interpretando, dunque, il vero pensiero dell’autore e non solo i suoi personaggi. Il giovane Andrea, simbolo della trasformazione, però, muore. L’omertà, la violenza, verbale e fisica, il silenzio, stendono un velo inesorabile su questa giovane vita. La morte stavolta non rappresenta la sconfitta di un giovane che vuole ribellarsi, perché il suo silenzio prolungato, il suo esimersi dai pranzi, dalle cene, dalla vista del capretto, vittima sacrificale della società – così come sarà Andrea - tutto questo è simbolo di morte prima della morte stessa. Non emerge nessuna intenzione di riscatto per una città che affonda nelle grinfie dei Negromonte e che, nonostante il progetto di futura rinascita come parco a tema, è già morta da tempo. La cultura apparente va di moda, può creare un mercato redditizio, ma è menzognera, come indica lo stesso titolo, perché le sue fondamenta poggiano sulla gloria di un passato inesistente. La villa dei Negromonte è grottesca e l’immagine che ne emerge è una foto-dipinto: due neonati su un divano, due cani rabbiosi che ringhiano. Proteggono o minacciano il futuro di questa nuova società?

ETERNAPOLI
Piccolo Bellini Napoli
8-13 dicembre 2015
Eternapoli
di Giuseppe Montesano e Enrico Ianniello
tratto dal romanzo
Di questa vita menzognera
di Giuseppe Montesano
diretto e interpretato da
Enrico Ianniello
produzione
Teatri Uniti