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Se ci sei batti un colpo, ovvero, se sei vivo fai battere il tuo cuore. Ma se il cuore manca? O meglio, se si nasce senza cuore, cioè senza l’organo cardiaco, come si vive?  Pare che il protagonista di questa storia, scritta da Letizia Russo e diretta da Laura Curino, abbia trentacinque anni e sia nato  senza cuore. Unico caso al mondo, la sua circolazione continua a funzionare pur non essendo attivata da nessuna pompa cardiaca. Ormai trentacinquenne, il protagonista osserva il mondo e cerca di vincere la sua natura manchevole, trascrivendo e raccogliendo tutte le descrizioni delle azioni umane, compresi i sentimenti e le reazioni a questi. Il palcoscenico dell’Elicantropo di Napoli, che accoglie questo spettacolo dal 17 al 20 dicembre, è caratterizzato da torri di quadernini, cd e video cassette, in cui il fantomatico F. ha raccolto tutti gli elementi utili alla sua

sopravvivenza, cioè la descrizione delle azioni osservate e delle reazioni ai sentimenti che non riesce a provare. Il cinismo di questo racconto si sviluppa in scena in maniera originale, pur trattando alcuni temi, come quello dell’invisibilità all’interno della società e del male di vivere, che non sono del tutto sconosciuti al teatro e alla letteratura. Narrazione fluida, grazie alla particolare interpretazione di Fabio Mascagni, il quale sembra alternare l’aridità del ragionamento ad alta voce, frammentario e monocorde, al flusso inesauribile di parole che non danno tregua all’attore e allo spettatore attento. L’idea di una vita senza sentimenti, ricostruiti artificialmente o attraverso le impressioni memorizzate volontariamente, sembra attraversare in scena, velocemente, il percorso di vita di quest’uomo, per poi soffermarsi più a lungo sul ragionamento rivolto alla morte. Sarà proprio la decisione di un suicidio, a causa dell’assoluta noia di vivere, e la riflessione su ciò che potrebbe esserci dopo, a caratterizzare una grossa porzione di questo spettacolo: insomma, se la vita senza sentimenti è così banale, vale davvero la pena vivere anche dopo la morte? La struttura narrativa, dal linguaggio fruibile e contemporaneo, è sostenuta dall’abilità interpretativa di Mascagni, che incarna tutti i personaggi descritti all’interno del suo racconto. L’ironia che caratterizza le divinità riportate in scena, rende ridicolo l’uomo e la sua caducità, spingendo il cinismo a livelli estremi. Il protagonista, infatti, sembra non provare nessun timore nei confronti della conclusione che vorrebbe apportare volontariamente alla sua vita, poiché, in assenza di cuore e di sentimenti, la decisione sulla morte diventa ragionamento accurato. Tra immaginazione e realtà, quest’uomo riflette puntigliosamente, meccanicamente e matematicamente sulle possibilità di reazione dei suoi amici più stretti: dolore per la sua dipartita o assoluta noncuranza? Ed ancora: cosa ci sarà dopo? Quale divinità incontrerà? La descrizione dissacrante della Trinità cattolica, dell’Islamismo, del panteismo indiano, distrugge tutto ciò che conosciamo sulle principali religioni terrene. La sensazione di uno specifico insegnamento rivolto allo spettatore, si trasforma, poi, in quella di monito che ci avverte dell’inutilità di tutto ciò a cui siamo costretti a credere. L’immagine dell’umanità che si è evoluta attraverso una mancanza, ossia l’eliminazione del cuore, sembra rendere più semplice la vita di ciascuno di noi, poiché ci fa comprendere realmente come stanno le cose, spostando quella cortina che offusca la nostra osservazione quotidiana. Se da un lato, però, l’assenza del cuore sembra facilitare la vita, dall’altro costringe l’uomo ad un’autodistruzione meditata e quasi necessaria. Il caso dell’unico uomo senza cuore, sulla Terra, è sintomo di una fase ibrida, descrizione di un limbo dove la maggior parte degli uomini vive in sofferenza a causa dei sentimenti, e dove l’unico che non li prova vorrebbe morire. Il viaggio surreale negli Inferi di diverse religioni, le cui divinità sono caratterizzate da un dialetto italiano diverso o da un influsso sonoro e linguistico che ricorda alcune lingue straniere, sembra essere un sogno di memoria dantesca, piuttosto vicino all’immagine dei tre spiriti del “Christmas Carol” di Charles Dickens. Al risveglio dal sogno, forse mai avvenuto, il nostro protagonista dialoga con lo spirito della vicina deceduta, ormai anziana, personaggio dalla funzione di grillo parlante e di coscienza. Ma non è facile avere una coscienza senza un cuore. Le azioni sceniche raggiungono un’intensa velocità, anche verbale, e sono gestite attraverso l’utilizzo di tre contenitori su ruote, simili a quelli utilizzati dai prestigiatori, dai maghi o dai giocolieri durante i loro numeri. I contenitori sono cassetti della mente, poiché, in assenza di cuore, la memoria funge da database per le azioni, i ricordi, e le reazioni all’impatto con i sentimenti che non si riesce a provare. La soluzione a questi interrogativi non esiste ed ogni spettatore trae le proprie conclusioni, riflettendo, divertito, sull’immagine surreale di questo giovane uomo senza cuore, che forse ha compreso davvero l’essenza della vita contemporanea, vivendo una futuristica ed immaginaria condizione di atarassia.

Foto di Giorgio Sottile

SE CI SEI BATTI UN COLPO
Teatro Elicantropo Napoli
17-20 dicembre 2015
Teatro dell’Istante e ACTI Teatri Indipendenti
presentano
Se ci sei batti un colpo
di Letizia Russo  
con Fabio Mascagni  
disegno luci Alessandro Bigatti
consulenza scenografica Lucia Giorgio
fotografie Giorgio Sottile
organizzazione e distribuzione Stefano Mascagni
assistente alla regia Stefano Sartore
regia Laura Curino