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Un invito fortuito e fortunato. Mentre Napoli vive la follia natalizia e le sue strade si riempiono di migliaia di persone, c’è un angolo silenzioso in cui si celebra un vero e proprio rito. Parliamo di una tipologia di spettacolo che è tale perché viene mostrata al pubblico, ma in realtà il percorso affrontato da Marina Rippa e da Alessandra Asuni è qualcosa di più complesso e profondo. Ritroviamo l’attrice-narratrice, il testo, le azioni, il pubblico, ma dietro questi spettacoli - spesso caratterizzati dalla presenza femminile - lo studio artistico, antropologico, corale, popolare, letterario, è radicato profondamente. Il lavoro di queste due donne è attento e soprattutto di grande levità intellettuale. Ciò che meraviglia e compiace è l’assenza della ricerca spasmodica del gusto del pubblico. Questi lavori mirano, infatti, ad accrescere la conoscenza dello spettatore, a stimolarne il ricordo ed il sentimento, a far nascere meraviglia negli occhi, a lasciare qualcosa di prezioso, allontanando, però, l’indispensabile e ossessivo consenso

del pubblico. Quest’ultimo, infatti, attraversa un vero e proprio percorso di formazione. La visione di questi prodotti artistici, siano essi di lunga durata, o brevi come un rito appunto, donano un lascito importante a chi ha osservato, ascoltato e partecipato. Non è necessario che il pubblico sia soddisfatto, è necessario che ogni spettatore abbia riflettuto, scavato dentro di sé, imparato. MATRICI fa parte di un processo, la cui prima tappa è intitolata ACCABAI, all’interno di un percorso che esplora il ciclo vitale, ossia vita-morte-rinascita. L’Ospedale SS. Annunziata di Napoli, al centro storico della città, tra le viscere oscure di un popolo che da secoli è eccessivamente prolifico, è un luogo inevitabilmente legato alle nascite e ai bambini. Un tunnel, un cortile che ricorda le grandiosità artistiche e funzionali di questo edificio, una porta, quella in cui si abbandonavano i nascituri, all’interno della famosa “ruota degli esposti”- da cui il tipico cognome partenopeo “Esposito”-, fino ad una cappelletta, una cripta sotterranea. Il mondo oscuro della Napoli sommersa, custodita, e ancora oggi presente, che pulsa vita dalle viscere del sottosuolo, è mistico, emozionante, adatto allo svolgimento di questo rito. Il 12 e 13 dicembre, la produzione f.pl. femminile plurale, in collaborazione con la Cooperativa Sociale “Nascere nel Terzo Millennio”, regala un momento magico agli spettatori. Solo diciotto persone per ogni replica, il rito ha inizio. Dalle viscere della città, alla nascita di ogni spettatore, all’impasto di una “matrice”, il lievito- madre si ciba, durante questo rito, delle storie di ognuno di noi. Nell’oscurità dell’architettura circolare, quasi un tempietto pagano, tra pareti bianche delineate dalla pietra serena, si erge Lei. La Madre, simbolo di un discorso ampio, lungo secoli, colei che intravediamo ergersi maestosa e luminosa, mentre scendiamo le scale verso il mondo sotterraneo. Lei che sotto l’abito bianco nasconde una protuberanza, ossia gli alimenti della procreazione alimentare, la farina, l’acqua, i panni, distribuiti ai diciotto spettatori. La Madre Terra ciba i suoi figli, così come la Dea Cerere, il grano, la Madonna; fino alle leggende celtiche, tutte le religioni sono accomunate da una presenza femminile che, naturalmente o simbolicamente, procrea e porta avanti l’umanità. Il connubio tra vita e morte, presente in numerose culture – che non approfondiremo in questo contesto – sembra emergere simbolicamente nella compresenza tra luogo sotterraneo, vicino agli Inferi, e creazione dell’impasto del pane durante lo svolgimento del rito-spettacolo. La forte umidità del luogo crea un ottimo impasto che verrà, poi, diviso tra gli spettatori, cucinato in casa e mangiato. Il rito prevede la compartecipazione del pubblico, invitato a mescolare gli ingredienti ricevuti all’inizio dello spettacolo, raccontando la propria storia. Tra leggenda, ricordi, e riflessione personale, l’intimità scaturita da questo processo artistico-antropologico spinge gli spettatori a raccontare sommessamente. La voce non si eleva, ma sembra ovattata, nonostante l’eco presente all’interno dell’ambiente. L’altare sacro da cui scende la Grande Madre diventa spianatoia su cui impastare il pane, i ricordi e soprattutto le parole. I rumori della città sembrano spenti: lì sotto si celebra la sopravvivenza dell’umanità, sia essa fisica che mnemonica. Il rito è condiviso con persone estranee, invitate a raccontare ricordi ed aneddoti personali. Si scoprono nascite avvenute in casa, in clinica, in altre regioni, credenze, leggende, segni del destino. Il pane si impasta, la massa cresce, l’odore acre del lievito è invitante, abbraccia l’altare e la circolarità del pubblico. Simboli e segni vengono incisi sulla farina, le parole sarde sfumano lievi dalla bocca dell’attrice Alessandra Asuni, la massa del pane si trasforma in profili di divinità. Seni prorompenti, ventri gonfi, l’iconografia della fertilità attraversa luoghi, culture e tempi, grazie all’osservazione filologica ed archeologica di Rippa/Asuni. Il rito atavico si mescola alla volontà contemporanea che spinge alla riflessione sul parto, affinché le donne del Terzo Millennio rievochino la naturale procedura della procreazione.
Foto Marco Ghidelli

MATRICI – UN RITO
12-13 DICEMBRE 2015
NAPOLI –OSPEDALE DELLA SS. ANNUNZIATA
Programma Natività Natale a Napoli 2015 dell'Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli
la coop. Soc. NASCERE nel Terzo Millennio
e l'associazione f.pl. femminile plurale
MATRICI – un rito
di Alessandra Asuni e Marina Rippa
con Alessandra Asuni
elementi scenici Massimo Staich
Materiali attraversati:
studi e articoli di Maria Gimbutas e Emanuela Geraci;
immagini e video di Andrei Tarvkosky, Lucio Fontana, Pippa Bacca;
dati dell’Istituto Superiore della Sanità;
iconografie delle Madonne e delle Dee del Parto;
uteri lignei della Farmacia degli Incurabili.
un ringraziamento speciale a Teatringestazione per aver ospitato per sei mesi lo studio Cuciture da cui nasce Matrici, nella residenza per artisti Altofragile, edizione 2012.