Il lavoro di Andrea Cramarossa mi ha fatto tornare indietro nel tempo, al tempo alle avanguardie teatrali degli anni Settanta in cui la parola scenica si presentava destrutturata, distrutta, sconnessa. Dove il corpo si muoveva scatenando interrogativi. Il gruppo Teatro delle Bambole compie da anni un lavoro di ricerca scenica sulla parola e sul corpo. «Nasce nel 2003 a Bari per volontà di Andrea Cramarossa (leggi l’intervista). In un primo momento è "solo" un Manifesto Culturale, più che un gruppo di persone che si ritrova a fare teatro. L'intento è quello di voler utilizzare il Nuovo Metodo di Approccio all'Arte Drammatica come ossatura per la realizzazione degli
spettacoli. Tale Metodo si fonda sugli studi personali di Cramarossa fondamentalmente basati sul rapporto tra suono e corpo, voce e persona, musica e personaggio. Si tratta di studi lunghi e complessi ma forieri di molte novità e stupore artistico. Tali studi prendono spunto dagli approfondimenti sul Metodo Funzionale della Voce di Gisela Rhomert e il Teatro delle Orge di Hermann Nitche. Il Nuovo Metodo di Approccio all'Arte Drammatica è in continua evoluzione ed è aperto a contaminazioni e agli incontri che la vita di per sé regala» Presenza e corpo scenico, quindi, più che rappresentazione, un corpo che si trasforma e si nasconde dietro la musica (significative le scelte musicali) dietro una maschera. La messa in scena diventa un fatto artigianale corporeo dove si esplorano le possibilità vocali e gestuali. Gli attori vagano per la scena muovendosi come bambole meccaniche come burattini, a scatti e portano sugli occhi mascherine che fanno venire in mente gli occhi degli insetti i colori delle farfalle. Nel sottotitolo leggiamo: suggestioni dal respiro di una crisalide. La crisalide in attesa dell’equilibrio perfetto per diventare farfalla. In questa similitudine il lavoro del Teatro delle Bambole. Si parte dagli insetti, dalle blatte, dalle farfalle e dai loro movimenti rapidi veloci per raccontare una storia di ordinaria follia, follia del quotidiano di una madre e dei suoi figli. Follia e degenerazioni pensando anche alla madre patria che sta inquinando il futuro delle proprie terre, dei propri figli. Rapporti famigliari usurati dalle difficoltà della vita e dalla assenza. «Una madre, dopo aver abbandonato i propri figli e dopo averli seppelliti nell’incuranza di una dieta anaffettiva colma di forzature e di legami morbosi e deleteri, decide di tornare nuovamente in famiglia. Il ritorno precede la caduta, l’omicidio, la perdita. Di queste persone non resterà alcun ricordo se non in un articolo sgrammaticato di un quotidiano di provincia nella pagina della cronaca nera». Gli attori Federico Gobbi, Domenico Piscopo e Silvia Cuccovillo, allenati e perfetti nel difficile contesto scenico. Tutto raccontato in modo inusuale e delirante. Avanguardistico. L’avanguardia secondo una recente definizione di Franco Cordelli è mediazione tra la staticità o plasticità dell’arte figurativa e la dinamica dell’arte narrativa. Nel lavoro di Cramarossa c’è soprattutto una dinamica corporea, occorrerebbe lavorare anche sulla dinamica narrativa. Il testo in scena può raccontare ancora di più. Si gioca bene sugli elementi di drammaturgia polivocale e si esplorano espressioni dialettali ma alcuni punti risultano ripetitivi. Occorrerebbe più ritmo, il teatro è anche luogo del ritmo.SE CADERE IMPRIGIONARE AMO è il risultato di un lavoro di ricerca durato anni una storia in cammino, si parte dal basso, dal corpo, dall’assenza di un testo. Il testo è stato scritto sulla scena, mi spiega Cramarossa al termine dello spettacolo, solo negli ultimi tempi si è inserito il racconto di cronaca. Una linea di ricerca interessante dal momento che le risorse creative dell’avanguardia oggi sono più ridotte. Dal momento che oggi l’avanguardia sembra sia diventata tradizione. Un’ultima nota interessante, utilizzando alcune lettere iniziale di ogni parola del titolo si ottiene una frase nuova SE CADIAMO. Il teatro come una caduta, come un crollo rovinoso come quello che sta accadendo, per alcuni aspetti, nella nostra società.
Milano, Spazio Tertulliano 23 aprile 2016