Paradossalmente ma soprattutto magicamente le parole poetiche hanno bisogno e, per questo, ricercano in continuazione un forte supporto fisico che nasce dal vivere concreto dei corpi e della anime in essi custodite, un supporto che non è solo il suono della voce, modulato in tutte le sue tonalità dalla maestria di Mariangela Gualtieri e che increspa il mare ancora silenzioso della nostra interiorità, ma è soprattutto la sua presenza in transito davanti a noi che siamo, di fronte a quella voce, presenze altrettanto concrete ed altrettanto necessarie. La Gualtieri è anche il Teatro Valdoca ma attraverso questo ha cominciato una sua singolare ricerca poetica, senza distaccarsi dalle sue radici
drammaturgiche ma proprio ricercando, in queste e attraverso queste, spazi rinnovati ed ancoraggi estetici e sentimentali per la propria parola che, da quelli, acquisisce verità e slancio ed, in quelli, conquista orizzonti e profondità.
Questo “rito sonoro” di e con Mariangela Gualtieri, con la guida di Cesare Ronconi, dunque sta da tempo attraversando i tempi e gli spazi del teatro conquistando nuovi contesti e nuovi orizzonti che man mano lo cambiano e lo rinnovano, dall’alta torre di Santarcangelo da cui ha cominciato anni fa ad echeggiare quell’intensa voce attoriale e quella parola poetica, nuova e ancora sperduta che guarda dentro e fuori di sé.
E proprio questo sguardo fuori di sé, credo, l’aspetto più affascinante della performance di Mariangela Gualtieri, una performance in cui non sono importanti le parole in sé stesse, pur insieme aspre e dolcissime, quanto il loro essere occasione e strumento per abbattere quel muro di silenzio, silenzio di parole sincere e autenticamente profonde, che ci avvolge.
Così Mariangela Gualtieri recita la sua parola con autenticità e sincerità, ma soprattutto con autenticità ed intensità ci guarda, si rivolge oltre il suo spazio scenico, si sporge quasi verso di noi con quella sua gestualità dolce che sembra assecondare un percorso e che si trasforma quasi in un invito.
Il rito diventa drammaturgia della parola, narrazione che si costruisce nel qui e ora della relazione tra attrice officiante e suo pubblico, un pubblico, nella migliore tradizione del teatro Valdoca che lo produce, preso quasi di sorpresa.
I testi sono prevalentemente tratti dalla raccolta “Le giovani parole” ma sono integrati da poesie provenienti da altre raccolte e comunque aperti, proprio nello spirito intimo dello spettacolo, a suggerimenti e suggestioni contingenti ad ogni diverso luogo.
In chiusura del Festival “Testimonianze ricerca azioni” del genovese Teatro Akropolis, il 29 aprile in unica serata, un regalo per l’ingresso libero negli spazi di Villa Durazzo Bombrini a Genova Cornigliano, accolto con convinto entusiasmo.