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Gaddo Bagnoli costruisce la sua pièce teatrale partendo da due concetti cari all’umanità: paura e desiderio. La Produzione è di Federica Maria Bianchi (fa piacere sapere che ci sono persone che investo nel teatro e i giovani compagnie) Lo spettacolo in pochi anni ha già raccolto diversi riconoscimenti Nel 2009 selezionato al E45 Fringe Napoli Teatro Festival Italia. Nel 2009 spettacolo finalista e premio come migliore attrice a Claudia Franceschetti al Festival In Breve.Nel 2013 vincitore del Premio del Pubblico alla Fêtes Internationales du Theatre (Canada). Nel 2014 selezionato al Roma Fringe Festival. Finalista al concorso Eceplast 2015 del Festival Troia Teatro. Sulla paura è già stato scritto

molto, sociologi, psicologi in più pubblicazioni sottolineano il fatto che ormai esiste un vero business della paura. Viviamo in una società in cui i mezzi mediatici fanno di tutto per tenere le nostre menti impegnate ad occuparci di paure spesso inesistenti o infondate. La paura è spesso legata al desiderio a ciò che ci manca a ciò che vorremmo raggiungere
Il termine desiderio ha un’etimologia molto affascinante, deriva dal latino e risulta composto dalla preposizione DE e dal termine SIDUS letteralmente: mancanza di stelle. Desiderare le stelle, il cielo, Gaddo Bagnoli, quindi, nella sua indagine sull’uomo sceglie di affrontare una tematica antica come il mondo e lo fa senza cadere nell’ovvio, nella banalità, lo fa in modo originale con ritmo, con ironia con la forza del corpo. E lo può fare...ha creatività quando il regista ha idee in mente si sente in scena dosa bene luci ritmi e musica ma ha anche tre corpi fantastici i suoi attori mirabili: Claudia Franceschetti, Andrea Magnelli e Marco Olivieri scenicamente efficaci e pieni di energia.  Maschere del quotidiano che vengono dal passato: gesti e movimenti dell’antica commedia dell’arte, si recupera la tradizione e la si lancia nel contemporaneo. Alla radice di tutto ciò il teatro della crudeltà di Antonin Artoud, ma anche la biomeccanica di Vsevolod Mejerchol'd il protagonista è il corpo dell'attore, visto nella sua interezza, come mezzo di creazione artistica e strumento di comunicazione. «L’ attore (...) rende testimone il pubblico di quello che gli sta accadendo organicamente in quel momento, lo rende partecipe del rito della scoperta di se stesso, come risposta alle domande che la scena gli pone attraverso i temi di lavoro indagati. Insomma se un artista non si mette completamente in gioco fino in fondo per noi non accade nulla e se non ci accade nulla, il pubblico percepisce nulla.» La regia costruisce la visione scenica confondendo i piani e i livelli: passato presente e futuro non sono dimensioni temporali ma opinioni dei personaggi, brevissimi monologhi e dialoghi serrati accompagnano i movimenti ritmici; il testo è ridotto al minimo questo, in alcuni momenti, crea stanchezza da parte di chi osserva, si potrebbe lavorare maggiormente in questo senso, accompagnando alla forza dei corpi una forza della parola scenica. Gli originali costumi di Gabriella Campagna sottolineano attraverso i colori gli stati d’animo dei personaggi. Rosso passione, giallo raziocinio, blu desiderio di infinito. Colori primari che mescolandosi fra loro danno origine ad altri toni, altre sfumature perché il mondo dei sentimenti è sempre un po’ ambiguo: amo, non amo, odio, non odio...La scatola bianca del palcoscenico crea un effetto sogno, uno straniamento, le situazioni cambiano continuamente: ora siamo in una casa, ora su un luogo di lavoro, ora bambini in un parco e litighiamo per una palla. Una sfera rossa sospesa su un vaso da notte è appunto una palla con cui giocare ma anche l’oggetto del desiderio, la mela rossa del Giardino del Paradiso, il sogno da realizzare ma dai sogni, si sa, ci si può svegliare, oppure facilmente tendiamo ad abbandonarli ed ecco che la sfera rossa finisce nel vaso da notte. Attenzione a non far finire anche i nostri sogni in un piccolo vaso da notte anche i nostri sogni hanno bisogno di cura e amore perché sono fatti della nostra stessa sostanza... Shakespeare perdonerà l’inversione.

Foto di Margherita Busacca

Milano, Teatro della contraddizione 8 maggio 2016