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Napoli si avvia verso la definitiva conclusione della stagione teatrale 2015/2016, in attesa del debutto del Napoli Teatro Festival Italia dalle fattezze rinnovate. Giunge un’aura siciliana che caratterizza le ultime due settimane di maggio, dal debutto di NIÑO, testo inedito di Tino Caspanello, agli eventi di musica, ballo e teatro organizzati presso l’Ex Asilo Filangieri, fino al triplice appuntamento con la drammaturgia firmata da Spiro Scimone ed interpretata da Francesco Sframeli, Gianluca Cesale e dallo stesso Scimone. Triplice data per lo spettacolo IL CORTILE, testo datato 2003 e Premio Ubu 2004, che va in scena, grazie all’Associazione Casa del Contemporaneo – Centro di produzione

teatrale (Salerno),  prima presso il Teatro di Ateneo dell’Università degli Studi di Salerno, poi  presso la Sala Pasolini della stessa città salernitana, ed infine presso la Sala Assoli di Napoli.
Sala gremita quella napoletana, in occasione dell’evento unico del 14 maggio, nonostante lo spettacolo in questione non sia un debutto, bensì un appuntamento d’autore. Come afferma lo stesso Franco Quadri, nella sua introduzione al testo, pubblicato nel 2004 per Ubulibri <<[…] così, invece di richiamarci al solito Pinter, bisognerà citare Beckett, anche se, come nelle opere precedenti, non si va aldilà di una suggestione o di un omaggio, perché altra è la tematica rispetto ai due maestri>>, il riferimento agli autori del Teatro dell’Assurdo è evidente. Superata, dunque, la fase della citazione e dell’ispirazione, che i due autori e attori siciliani hanno sempre apertamente dichiarato, superata anche l’identificazione dei personaggi, e del terzo indicato come Uno, all’immagine dei protagonisti di “Finale di partita” e de “Il Calapranzi”, bisognerebbe, adesso, andare oltre.
I due personaggi vivono in un cortile che, in effetti, è luogo esterno rispetto alle ambientazioni beckettiane, pinteriane o descritte dagli stessi autori siciliani, ma in realtà si identifica sempre con un luogo circoscritto. Il mondo esterno sembra intrufolarsi attraverso l’immondizia, ossia lo scarto dell’umanità depositato in quell’angolo dimenticato, atemporale e a-geografico, nonostante la costruzione sintattica ed il forte accento che rimandano alla parlata siciliana.  All’interno di un luogo-scarto, dove gli uomini-scarto, ormai anziani, continuano a vivere, l’uomo – topo si intrufola e mangia gli stessi scarti gettati dall’umanità in decomposizione. Il cortile è quindi circoscritto da mura, evoluzione contemporanea di quel giardino pascoliano che contrastava con la siepe leopardiana, mescolandosi, oggi, anche alle immagini moscatiane di “Scannasurice”: insomma un limite alla vista ed alla mente che qui non rappresenta una scelta voluta dai personaggi, ma  è metafora di un’imposizione taciuta, frutto dei tempi. L’attesa, infinita ed improduttiva, non guarda neanche al futuro ma si contorce su se stessa, attraverso un continuo rimando al passato. Numerosi elementi confermano questa visione, dal piede in decomposizione, al concetto di silenzio, al sacco ormai svuotato, al giornale che non dice nulla.
Proprio il sacco, simbolo dell’attesa di una vita intera, che lo riempie e che esso ingurgita, ormai è vuoto; Tano ritorna, dopo una lunga assenza e dopo aver “vuotato il sacco”. L’immobilità del tempo che scorre è sottolineata dall’ossimorica immagine di Peppe che, via via, non riuscirà più ad alzarsi. La scenografia “sgarrupata” è caratterizzata da oggetti di vita, recuperati da un’immaginaria discarica, e da una scala in ferro che si staglia sul fondo, su cui si inerpica e si arrampica Tano, in un ultimo anelito di vita, mentre cerca ancora l’amore, guardando una donna nuda su una pagina di calendario:
<< PEPPE (sfoglia il calendario. Silenzio) Tano …si può fare ancora l’amore?>>.
<<TANO  Nel cortile sì>>.
Il ricordo del cibo ritorna preponderante come immagine e sapore del passato, così come è evidente anche nello spettacolo NUNZIO, quest’ultimo di stesura precedente ( ben dieci anni prima) e quasi naturale antenato dei due personaggi de IL CORTILE.
La scrittura di Scimone è frammentata, ricca di puntini di sospensione, di inversioni nell’ordine sintattico, di rimandi. Pause e ripetizioni fanno sì che il testo sia un continuo aggancio alla battuta appena pronunciata, creando un flusso ininterrotto ma cadenzato. L’allungamento eccessivo della pronuncia di alcune vocali, il soffermarsi su alcuni accenti, i rallentamenti e le improvvise accelerazioni trasmettono all’orecchio del pubblico una musicalità che sprofonda, comunque ed incessantemente, nel denso e torbido oscuro silenzio di fondo.
Il pubblico napoletano insiste nel  prolungare l’applauso e nel richiedere più volte l’uscita dei tre attori, consacrando ancora una volta il successo di questo testo e della regia di Valerio Binasco.

Foto di Marco Caselli Nirmal

Sala Assoli Napoli
14 maggio 2016
Il Cortile di Spiro Scimone
Con Francesco Sframeli, Spiro Scimone, Gianluca Cesale
Regia Valerio Binasco
Scena e costumi Titina Maselli
Disegno luci Beatrice Ficalbi
Direttore tecnico Santo Pinnizzotto
Produzione Compagnia Scimone Sframeli
Fondazione Orestiadi Gibellina
Festival d’automne à Paris
Kunsten Festival des arts de Bruxelles
Théâtre Garonne de Toulouse