Secondo appuntamento della “Rassegna di drammaturgia contemporanea” del Teatro Stabile di Genova, il cui cartellone si spinge così fino alla prima decade di Luglio.
In scena al teatro Duse dall’8 al 18 Giugno questa pièce molto attuale di Tindaro Granata, una sorta di “teatro-società” che traspone una agile sintassi narrativa, quasi da fiction televisiva, nell’alveo di una scrittura drammaturgica già matura, in grado di mescolare uno sguardo soggettivamente psicologico ad uno socialmente indagatore, a mostrare dunque “lo stato delle cose” mentre queste si evolvono dentro gli individui e nelle relazioni che producono in una comunità ancora un po’ confusa. “Geppetto Geppetto” è la storia
di due papà, quella che definiamo oggi una famiglia “arcobaleno”, che decidono, per dare un senso profondo e quasi definitivo al loro rapporto, alla loro consapevole affettività, di “fare” un figlio prendendo a prestito, come il Geppetto di Collodi con il pezzo di legno di Mastro Ciliegia, l’altrui naturale fecondità. Un percorso difficile e controverso che tuttora sia la sensibilità diffusa che la stessa “legge” fatica ad accettare in pieno, pur nella sua evoluzione.
Tony e Luca, questi i due papà, vanno con convinzione fino in fondo, anche di fronte al rifiuto della madre del primo che pur aveva “accettato” il loro legame, e con loro arriva Matteo cui garantiscono una infanzia felice, pur nelle contraddizioni che lo circondano, e cui sembrano garantire una crescita robusta e consapevole.
La morte di Tony (il padre biologico) fa esplodere però quelle latenti contraddizioni, legali ma soprattutto psicologiche, e impone una faticosa riflessione a Matteo fino al brusco e doloroso distacco. Ma la forza dell’affetto in cui era cresciuto alla fine prevale.
Una drammaturgia interessante e ben scritta che non si nasconde le difficoltà e le contraddizioni che la narrazione contiene in sé ma sembra agirle in uno spirito di superamento che ha nel riconoscimento dei tratti universali dell’affetto sincero e dell’amore condiviso, indipendentemente dai soggetti che lo custodiscono e praticano, la sua più potente spinta.
Diretta con maestria dallo stesso Tindaro Granata è ben recitata dallo stesso Tindaro Granata e da Alessia Bellotto, Angelo di Genio (assente ieri per ritirare il prestigioso premio Mariangela Melato), Carlo Guasconi, Paolo Li Volsi, Lucia Rea e Roberta Rosignoli.
Prodotto dal “Festival delle Colline Torinesi”, intitolato quest’anno icasticamente “L’identità è un genere?”, nel cui contesto ha esordito rappresenta, a mio avviso, un segnale di crescita e vivacità della drammaturgia italiana anche nelle sue forme più tradizionali. Molto applaudito dal pubblico presente in buon numero.