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Il nuovo spettacolo di Roberto Latini, “Amleto + Die Fortinbrasmaschine”, ha debuttato in prima nazionale, domenica 24 luglio a Gibellina nel contesto della XXXV edizione delle Orestiadi. Sulla scena, da solo, lo stesso Latini, le musiche e la complessiva tessitura sonora sono di Gianluca Misiti, il disegno luci e l’apporto tecnico di Max Mugnai. Ancora una volta uno spettacolo importante, denso di senso, fecondo di pensieri. Un lavoro che, data la sua complessità, pone non pochi problemi a chi ne voglia scrivere restando nel campo della responsabilità critica e voglia, al contempo, tenersi lontano dal repertorio plaudente delle frasi fatte. Chi conosce il lavoro di Latini si rende conto immediatamente di

come e di quanto questo spettacolo rientri, con geometrica esattezza, nel vivo dispiegarsi della sua poetica teatrale. Non è difficile riconoscere - ed apprezzare -  in esso tutti i segni del linguaggio di Latini: il suo stare in scena, i movimenti, la tensione, il suo recitare/raccontare a microfono scoperto, il suo senso del canto e del ritmo, il suo risiedere totalmente dentro le musiche e i suoni sempre straordinari di Misiti. È evidente poi – ed è certo l’elemento più significativo - quell’amore per la drammaturgia di Shakespeare che, da decenni, caratterizza la formazione artistica prima e poi il lavoro di Latini e dell’intero ensemble “Fortebraccio”. E però no, non si tratta di mettere in scena delle pur grandissime drammaturgie, né di costruire semplici allestimenti di testi immortali: si tratta invece di arrischiarsi (e trascinare in questo rischio il pubblico) nel mare di in un dialogo reale con la poesia del Bardo, restare scoperti di fronte alla sua complessità, consentire che questo dialogo ci sorprenda con la sua lama, ci colpisca con la durezza della sua densità estetica. Un dialogo che non poteva che sfociare in delle “riscritture” di testi shakespeariani (oppure anche di classici, antichi e non): riscritture funzionali, necessarie alla ricerca teatrale, riscritture che rintracciano nel presente, e interrogano e problematizzano, la vitale densità dell’antico. In quest’ottica e secondo questa modalità del resto va letto anche lo spettacolo appena precedente, il pirandelliano e bellissimo “I Giganti della Montagna” (in scena, sempre a Gibellina, sabato 23 luglio). Un dialogo che non poteva non incontrare – sì, era solo una questione di tempo – la più grande delle riscritture contemporanee di Amleto, ovvero l’Hamletmaschine di Heiner Müller. Perché questa necessità? Perché Müller, nel 1977, dialogando con Shakespeare e non solo, ha costruito quel vertiginoso dispositivo poetico, prospetticamente orientato al presente e, più ancora, al futuro dell’Europa e dell’Occidente, che Latini, a sua volta, prova oggi a riscrivere: non con una messinscena, ma con la concretizzazione – tramite materiali poetici, scenici, filosofici, politici – di un dialogo con Muller e Shakespeare sul mistero della storia, della contemporaneità e dell’arte nella storia e nella contemporaneità. Una riscrittura (dialogica), insomma, di una riscrittura (dialogica), come giustamente Latini presenta questo lavoro. Ed è questo il nodo e il cuore di questo spettacolo: oggi, complice forse l’accelerazione dei cambiamenti culturali dovuta alla velocità e alla pervasività dei mass media, siamo in grado di comprendere, se non del tutto certo meglio, il mistero delle immagini e delle parole di Müller; solo oggi la vertiginosa profondità di quella struttura testuale (Album di Famiglia; L’Europa delle donne; Scherzo; Pest a Buda Battaglia per la Groenlandia; Nell’attesa selvaggia, Dentro la orribile armatura, Millenni), di quelle parole, di quelle immagini, di quelle “rovine d’Europa”, persino di quei “bla bla bla”, si chiarifica nella sua tragica evidenza, si apre alla possibilità di una riscrittura come questa e alla necessità di una comunicazione autentica e positiva col pubblico. Una necessità che Roberto Latini riesce a cogliere e sfidare da par suo.

Amleto + Die Fortinbrasmaschine di e con Roberto Latini e la Compagnia Fortebraccio Teatro, musiche e suoni di Gianluca Misiti, luci e tecnica di Max Mugnai, drammaturgia di Roberto Latini e Barbara Weigel, movimenti di scena di Marco Mencacci, organizzazione di Nicole Arbelli, foto di scena di Fabio Lovino.
Produzione Fortebraccio Teatro, Bologna, in collaborazione con L’arboreto – Teatro Dimora di Mondaino, ATER – Circuito Regionale Multidisciplinare – Teatro Comunale Laura Betti, Fondazione Orizzonti d’Arte.
Crediti fotografici: Fabio Lovino, Stefania Mazzara