Sarà impegnato al Teatro Argentina di Roma, dal prossimo 26 Ottobre al 20 Novembre, con “Ragazzi di vita” di Pier Paolo Pasolini, con la regia di Massimo Popolizio, una nuova produzione del Teatro di Roma. Inoltre continua a promuovere il suo apprezzato testo “Lei e lei” che abbiamo applaudito nella tappa catanese, al “Piccolo Teatro della Città”. Stiamo parlando dell’artista messinese Giampiero Cicciò, attore, autore, regista, diplomatosi nel 1990 nella "Bottega Teatrale" di Vittorio Gassman. Nel 1999 e nel 2003 è entrato nella rosa dei candidati al “Premio Ubu” come miglior attore, nel 2008 è stato tra i candidati al "Premio Ubu" come miglior regista e nel 2006 ha vinto il “Premio Fondi La Pastora
per il Teatro” come miglior attore dell’anno. Abbiamo potuto scambiare qualche battuta con Giampiero Cicciò, durante la breve tappa catanese di “Lei e lei”, ragionando di teatro, di progetti, di passione per il palcoscenico e di futuri desideri.
“Al momento sono nel cast - spiega Giampiero Cicciò - della una nuova produzione del Teatro di Roma che debutterà il 26 Ottobre all'Argentina. Si tratta di "Ragazzi di vita" di Pier Paolo Pasolini con la regia di Massimo Popolizio e sono felice di essere in questo progetto. Vidi recitare Popolizio per la prima volta circa vent'anni fa in Peer Gynt, spettacolo indimenticabile di Luca Ronconi e ne rimasi talmente affascinato da tornare a rivederlo per tre volte. E’ un'esperienza importante lavorarci insieme, essere diretto da un teatrante come pochi ce ne sono oggi in Italia”.
Il tuo lavoro d’attore e le sensazioni che ti suscita la tua Sicilia..
“E' un mestiere il cui percorso non so scindere dal mio cammino interiore. Se vissuta come una ricerca continua di parti inconfessate di se stessi, questa professione può sostenere il proprio tragitto interiore. E questa continua scoperta, queste esperienze di sé, diventano poi il dono che noi teatranti facciamo al pubblico. Per scelta il mio lavoro spesso è legato alla mia terra. Rivivere in scena le suggestioni che la mia terra mi suscita è come scavare per cercare le radici di ciò che sono oggi”.
Come è nata la tua passione per il teatro?
“Ho la sensazione che sia nata con me, non saprei dire quando e come. Da bambino recitavo per la parete della mia stanza rivolto verso una platea immaginaria. E quando Vittorio Gassman, per ricordare Adolfo Celi, cercava giovani della mia città per prenderli nella sua Bottega Teatrale con una borsa di studio in memoria del suo grande amico, non ci ho pensato due volte e mi sono presentato. Avevo 21 anni, è stato il mio primo maestro”.
Dove va oggi il teatro e la nuova drammaturgia?
“Il teatro che piace a me deve raccontare storie nuove. Pertanto la nuova drammaturgia dovrebbe avere maggiore spazio. Al cinema ogni anno andiamo a vedere storie nuove e, invece, a teatro si tende a mettere in scena sempre gli stessi testi. Servirebbero più coraggio e più fantasia”.
Quali sensazioni provi nell’interpretare il tuo testo “Lei e lei”?
“Sento di fare un omaggio a quelle persone che hanno vissuto e che vivono ai margini a causa di una sessualità che non appartiene ai canoni della maggioranza. Molta gente irride ed emargina, per esempio, i transessuali. Io ne conosco alcuni che, proprio a causa della loro sofferenza provocata dall'esclusione dalla società, almeno da quella del giorno, hanno da insegnare a tutti noi molto di più rispetto a persone in giacca e cravatta o tailleur”.
Cosa provi quando sei in scena?
“In scena mi abbandono e al tempo stesso sono più padrone di me rispetto alla quotidianità della mia vita. E' come se cuore e cervello agissero a un livello massimo di autocontrollo e insieme di incoscienza”.
Un sogno che vorresti realizzare...
“Mettere in scena la mia prima opera lirica come regista. Magari un'opera inedita alla quale collaborare per la stesura del libretto”.
Cosa ti amareggia in questo lavoro?...
“Sicuramente la mancanza di interesse di alcuni direttori artistici i quali, senza nomi di mercato sulla scena, non prendono nemmeno in considerazione il tuo lavoro. Ma ragionando così il teatro diventerà presto una triste dependance della TV”.
Quanto contano bravura, merito e professionalità?
“Tantissimo ed una lunga carriera esige queste qualità. Senza di esse si può resistere qualche anno, qualche stagione, ma poi si sparisce”.
Chi è Giampiero Cicciò nella vita di tutti i giorni?
“Un uomo che da sempre osserva molto e parla poco. Cerco di capire la vita analizzandola di continuo, ma tentando di smantellare i luoghi comuni che ci soffocano e le sovrastrutture che, come tutti, anch'io mi porto addosso”.