Arte e corruzione sembrano due pianeti lontani e non comunicanti. L’una tutta librata nell’estro e nella creatività dello spirito, la seconda affondata nel sudiciume del denaro sporco e violento. A ben vedere questa dicotomia è del tutto inconsistente, come ben vuole ribadire il breve ciclo di tre conferenze organizzato da Casa Testori, capace di coinvolgere i grandi nomi della società civile e dell’arte in senso lato. Il primo incontro dello scorso 19 settembre presso il Teatro Franco Parenti (via Pier Lombardo 14, Milano) ha visto l’intervento di Raffaele Cantone, presidente dell’Anac, l’Autorità Nazionale Anti Corruzione, dell’artista Michelangelo Pistoletto e dell’attore Enrico Bertolino, con una introduzione
di Carlo Maria Pinardi, presidente Casa Testori e con la moderazione di Sebastiano Barisoni, vicedirettore esecutivo di Radio24.
Il grande successo di pubblico e la lucidità di analisi hanno aperto una fertile riflessione. Arte e corruzione vanno a braccetto più di quanto non si pensi, eppure sono espressione di due mondi strutturalmente opposti. «La corruzione premia la mediocrità, mentre l’arte dovrebbe premiare il merito», ha detto Francesco Greco, Procuratore Generale di Milano, aprendo il secondo appuntamento di “Arte contro la corruzione” dello scorso 17 ottobre, sempre al milanese Teatro Franco Parenti. «Il corrotto è l’incapace che paga una tangente perché non sa e non riesce a competere con i mezzi onesti. Anche l’arte risente di questo clima, non è esente da dinamiche clientelari e dal dominio delle lobby». I paesi corrotti sono paesi in crisi, «proprio come il nostro», evidenzia Greco. L’arte considerata bene rifugio attira investimenti illeciti, ma l’ambito artistico in senso generale – continua il Procuratore – diventa luogo di esercizio di lobby, ganglio di potere nello smistamento di fondi pubblici e concessioni. «Mai come oggi occorre separare la corruzione dall’arte, perché quest’ultima è il petrolio del nostro Paese», rimarca Greco. Alla tavola rotonda, introdotta ancora dal presidente di Casa Testori Carlo Maria Pinardi e moderata da Paolo Manazza, giornalista del Corriere della Sera, erano presenti anche l’artista Emilio Isgrò, al quale Milano ha dedicato per una estate intera una vastissima mostra addirittura in tre sedi, e il giovane pluripremiato attore e regista Luca Micheletti. «Gli artisti si allineano al potere, si autocensurano», ha attaccato Isgrò come a voler scuotere le coscienze. «L’arte non solo si fa corrompere, ma paradossalmente diventa corruttrice quando pone solo domande e tematiche comode, non quelle che la società sente come vive». Il monito alla coscienza dell’artista pare ribaltare dunque la questione. L’arte non è solo luogo di esercizio della corruzione, ma ne diventa essa stessa interprete e perpetuatrice, immorale ancella del corrotto rispetto al quale si dimostra cortigiana, servile e asservita.
Quanto poi al Teatro, fulcro del ragionamento di questa piccola serie di incontri che si concluderanno a gennaio, esso pare costituire la sede privilegiata della riflessione sulla natura ambigua della corruzione. «Anzi, il teatro è esso stesso corruzione, inteso come disordine, stimolo al superamento delle regole, alla violazione», argomenta un erudito Luca Micheletti, trentenne figlio d’arte che, con la sua compagnia I Guitti, porta con successo nei teatri nazionali da Pirandello a Kafka. Ma la corruzione fisica e morale messa in scena sul palcoscenico è esercizio di purificazione del pubblico, esorcizza il male nell’animo dello spettatore mettendolo in scena ed escludendolo in modo catartico dalla vita, alla maniera della riflessione di Aristotele. Ecco l’auspicio, attraverso le parole dell’attore e regista, che proprio dall’arte, dal teatro, nasca questa presa di coscienza che l’arte è sregolatezza ma come tale invita alla morale, all’etica, alla costruzione di una società di giusti e onesti.