Secondo appuntamento con il ciclo di incontri “Le grandi parole” a cura di Angelo Pastore e Marco Salotti, per il Teatro Stabile di Genova, lunedì 24 ottobre nella più ampia platea del teatro della Corte, affollata e interessata. Si parlava di Shakespeare e quindi, visto che l’oggetto del ciclo di conferenze è quest’anno “il teatro e il mare”, della Tempesta, ultima tra le grandi creazioni drammaturgiche del Bardo, e se ne discuteva insieme a Masolino d’Amico, che di Shakespeare è stato ed è studioso e traduttore, e alla anglista Giuliana Manganelli. Lettore attento ed ironico interprete dei versi della tragedia il bravo Franco Branciaroli. Di questa immortale drammaturgia i due studiosi hanno soprattutto sottolineato
la struttura compatta nel suo andamento a spirale, ben rispettoso, forse per la prima volta, delle aristoteliche unità di tempo e luogo, un andamento centrifugo e centripeto insieme che ha il suo centro nella misteriosa isola di Prospero, isola deserta trasformata per magia in un giardino rigoglioso.
Attorno il mare, misterioso e silenzioso spettatore mentre in altri drammi (Otello o Pericle ad esempio) era stato almeno comprimario, luogo dell’incertezza e del sogno, occasione per immaginarie tempeste che non fanno danni, metafora meta-teatrale della vita o, forse, metafora del teatro stesso sulle cui tavole tutto accade “come se”.
Giuliana Manganelli ha poi sottolineato la profonda conoscenza dell’autore dei termini e modalità della marineria, a supporre un mestiere esercitato dal giovane Shakespeare, mentre d’Amico suggeriva le singolari suggestioni e analogie tra l’isola di Prospero e l’Inghilterra di Shakespeare, entrambe isolate e protette dal mare, una Inghilterra con cui forse il Bardo andava conciliandosi con questo suo lascito artistico.
Del resto Jan Kott ha scritto che La Tempesta “come tutte le grandi opere di Shakespeare, è una appassionata resa dei conti con il mondo reale”, resa dei conti di cui il teatro è fondale dipinto, placido o tempestoso come un mare da attraversare nel tempo della nostra vita.