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“Signuri mei…”: comincia così il nostro viaggio a Catania. In realtà è un viaggio che comincia a Napoli, a maggio 2016, durante l’evento dedicato alla cultura siciliana, organizzato presso l’Ex Asilo Filangieri. In quell’occasione l’incontro con Gaspare Balsamo e con i personaggi del suo cunto-spettacolo-drammaturgia diventa confronto e soprattutto studio: la lettura dei suoi copioni, l’osservazione delle messinscene e dei video, la partecipazione al Convegno “Lingua orale e parola scenica”, presso l’Università di Pavia, il 10 e 11 novembre, momento in cui si pone in esame il processo ibrido di cui Balsamo è protagonista, ed infine, l’osservazione dal vivo del laboratorio sul cunto siciliano, condotto dallo

stesso Balsamo a Catania, tra il 18 ed il 20 novembre, in collaborazione con l’Associazione Culturale Gammazita, Ursino Buskers ed il centro Gapa di Catania che ci ha ospitati.
Il processo ibrido a cui si accenna è legato ad un’attenta osservazione dell’evoluzione del genere del cunto siciliano, di cui l’ultimo vero esponente è considerato il palermitano Mimmo Cuticchio. Quest’ultimo, però, assume già il ruolo di modello modificato, ossia rivolto ad un’evoluzione che comincia ad apportare numerosi cambiamenti rispetto alla tradizione di inizio Novecento, inserendo in questo processo non solo il cunto ma anche l’Opera dei Pupi, importante momento di spettacolo in cui confluisce l’ampio repertorio cuntista.
Balsamo si forma presso l’Accademia “Silvio D’Amico” di Roma, ma entra anche in contatto con la scuola-bottega dei Cuticchio, costruendo i suoi testi ed i suoi spettacoli attraverso un recupero del bagaglio culturale personale (Balsamo, infatti, nasce ad Erice (TP) e riporta in scena numerose storie legate alla propria famiglia, favole, leggende, preghiere e canti della costa occidentale siciliana), unendo l’interesse per l’immenso patrimonio favolistico raccolto da Pitrè, Lodico, Buttitta, recuperando anche due amati personaggi, ossia Don Chisciotte e Sancho Panza. L’attenzione alla letteratura di Cervantes si mescola alla lettura vorace delle opere di Giovanni Meli, e soprattutto del poema arcadico dedicato proprio alle avventure del cavaliere e del fido scudiero, senza tralasciare le gesta dei paladini di Francia.
Perché, dunque, analizzare i testi del quarantenne Gaspare Balsamo ed osservare le sue pratiche laboratoriali? Perché, in entrambi i casi, la natura del lavoro di questo autore-attore è ibrida, in quanto la sua drammaturgia è caratterizzata da copioni che fanno riferimento a fenomeni d’attualità e a personaggi della contemporaneità, come la mafia o la condizione dei migranti, ma anche alla letteratura ed al teatro siciliani, seppur connotata da didascalie che riportano i veri momenti legati al cunto. Questa pratica mescola scrittura ed oralità, poiché la drammaturgia di Balsamo è certamente scritta – in italiano dialetizzato ed in siciliano – ma le didascalie lasciano una traccia di ciò che invece verrà riportato oralmente in scena, ossia leggende, favole, canti e preghiere. Questo comporta la presenza di una natura mutevole che caratterizza una parte di drammaturgia fissata nella scrittura ma connotata comunque dall’oralità.
Anche il laboratorio condotto da Balsamo sembra mescolare pratiche attoriali legate al testo e quelle legate all’oralità: se da un lato i partecipanti sono “costretti” a memorizzare storie e scioglilingua in tempi brevissimi, dall’altro utilizzano anche il supporto testuale, quello favolistico di Pitrè, per lavorare sull’intonazione e sull’interpretazione dei personaggi. Se in passato, dunque, le storie erano tramandate e memorizzate oralmente, oggi la scrittura sembra diventare il supporto per un’oralità che torna in scena ma che, inevitabilmente, è filtrata attraverso la testualità e conservata attraverso la scrittura.
La tecnica, dunque, dell’oralità, ritorna nell’esposizione di una storia a sua volta memorizzata oralmente o letta, ed interpretata secondo la metrica ed i ritmi del cunto. Durante la prima giornata di laboratorio, dopo un’ampia descrizione della storia della nascita del cuntastorie, connotata da numerosi riferimenti letterari e bibliografici, Balsamo si sofferma sulla memorizzazione: i partecipanti sono sottoposti ad una pratica di ripetizione di segmenti, tratti da una favola della tradizione, i cui nomi dei personaggi sono caratterizzati da uno scioglilingua, elemento utile per la memorizzazione, ma inevitabilmente difficoltà aggiunta per la ripetizione: il re Befè viscotto e minnè, la figghia befiglia biscotto e miniglia, l’acceddu befello biscotto e minello, il cristiano vavùso, tignùso biscotto e minnùso. La ripetizione a turno, quindi, conduce i partecipanti alla memorizzazione del racconto di base; in un secondo momento Balsamo intona, ogni volta in maniera diversa, ogni segmento, fino alla ripetizione dell’intera storia da parte di ogni singolo partecipante che deve utilizzare, a sua volta, intonazioni, accenti e pratiche declamatorie. Infine Balsamo spezza la ripetizione con uno schiocco di dita, “passando il testimone” ad ogni partecipante che, immediatamente, deve continuare la storia dal punto in cui è stato interrotto il partecipante precedente. Riscaldamento “mnemonico”, potremmo definirlo, che parte dalla sedimentazione di un racconto, dalla memorizzazione, per arrivare alla ripetizione dell’intera storia, alla modulazione di accenti e voci, fino all’improvvisazione immediata che permette al cuntista di attingere da immagini personali per ampliare la storia. Nel caso di questi cuntisti inesperti, l’improvvisazione è il mezzo indispensabile, ma di difficile utilizzo, per continuare a raccontare senza interruzione, nel momento in cui essi non ricordano le parole o gli eventi della storia. Durante le giornate di laboratorio, attraverso l’improvvisazione, emerge ripetutamente la difficoltà linguistica di parlanti siciliani colti, collocati tra i 20 ed i 30 anni: attingere al dialetto durante l’improvvisazione, infatti, comporta molteplici passaggi, ossia l’ascolto orale in dialetto, la memorizzazione in italiano, la ripetizione in siciliano, cercando di tradurre simultaneamente e mentalmente dall’italiano.
Le pratiche mostrate da Balsamo, nel corso dei tre giorni di laboratorio, riguardano anche la voce ed il corpo. Il riscaldamento vocale prevede la ripetizione di dittonghi tipici della lingua siciliana, ossia “tr” o la d cacuminale. Inoltre, attraverso l’intonazione del canto di Maria, – i canti sono utilizzati da Balsamo come “connettivo” tra una scena e l’altra del racconto drammaturgico – propone un allenamento vocale sui suoni tipici della costa occidentale siciliana, attraverso il recupero dei canti monostrofici di origine araba.
L’esercizio sull’intonazione da utilizzare durante il racconto, è caratterizzato, stavolta, dalla presenza di un testo: la favola di Grannula Beddàttula, raccolta da Pitrè e considerata una variante siciliana della favola di Cenerentola.
Attraverso l’utilizzo del testo, i partecipanti imparano a leggere e a memorizzare le intonazioni suggerite da Balsamo, e ad operare alcuni meccanismi, come la chiusura di ogni frase per dare potenza al concetto, gli accenti, i cambi di ritmo e di timbro. I partecipanti, così, cominciano ad essere consapevoli dell’importanza della figura del narratore, vero e proprio sostegno che racconta, canta, recita e dà colore ad ogni singola parola affinché sia eterno aggancio con il pubblico. Il rito declamatorio diventa elemento fondamentale del cunto: flusso ininterrotto di parole che si basa sull’utilizzo sapiente della voce e del respiro. Entrare ed uscire dalla declamazione è un meccanismo che caratterizza il cuntista esperto, poiché adotta delle formule metateatrali rivolgendosi al pubblico, utilizzate come connettivi tra una storia, una scena, un flashback, tenendo l’attenzione dello spettatore continuamente attiva. La memorizzazione, la declamazione e l’uso delle formule circolari, il ritmo e le intonazioni, sono elementi che confluiscono nel corpo del cuntista. Balsamo chiede ai partecipanti di porsi in circolo, di impugnare il bastone/spada, simbolo degli antichi cuntisti, e di raccontare: da una storia conosciuta e memorizzata, nascono infinite storie ed improvvisazioni. Quando i partecipanti impugnano la spada e si alzano in piedi, raccontando storie inventate o improvvisando su storie conosciute, avviene la magia: l’ultimo giorno essi dimostrano, seppur con grandi imprecisioni ed inesperienza, la forza del racconto che sembra improvvisamente confluire nella spada brandita con goffaggine.
L’arte del cunto è antica e, soprattutto, è connotata da una lunga e profonda esperienza. Un laboratorio di soli tre giorni costituisce un tempo brevissimo per l’apprendimento di un’arte così complessa, ma questi giorni catanesi sembrano uno spiraglio attraverso cui abbiamo sbirciato e studiato qualcosa che è impossibile ritrovare sui libri, cioè la pratica scenica. Oggi il cunto si appoggia anche sulla scrittura e diventa spettacolo teatrale. Formula ibrida, quella di Balsamo, e di altri cuntisti-attori che ancora oggi, fortunatamente, seppur in una forma completamente diversa, continuano a parlare di cunto. Per questo motivo è sembrato opportuno conservare, attraverso un supporto video, l’esperienza di questo laboratorio, come testimonianza di qualcosa che sembra scomparire ma che in realtà sta cambiando natura, pur mantenendo il suo legame con la tradizione ( il trailer del lungo video/ documento è visibile  su https://www.youtube.com/watch?v=2mEE5oxSMoc&feature=youtu.be)

LABORATORIO SUL CUNTO SICILIANO
GASPARE BALSAMO
In collaborazione con Associazione Culturale Gammazita e Ursino Buskers
Centro GAPA
Catania 18-20 novembre 2016