Titolo ossimorico per questo delicato lavoro teatrale che si basa fortemente sulla narrazione, fondendo recitazione, immagini cinematografiche e ricordi. Forse sfugge agli spettatori, ma non è da sottovalutare la scelta di utilizzare il rumore della porta che sbatte, o altri effetti sonori di memoria cinematografica che diventano, sulla scena teatrale, personaggi a tutti gli effetti. Dal cinematografo al Cafè Chantant, poi Varietà, fino alle serate futuriste, tra Palazzeschi, Marinetti e le parole in libertà, l’atmosfera è quella della prima metà del Novecento, esattamente il 1914: l’Europa si prepara alla guerra, l’Italia è divisa tra neutralismo ed interventismo, Gabriele D’Annunzio incita al conflitto. L’obiettivo di questo spettacolo non è unicamente il racconto storico, sebbene i riferimenti siano evidenti e riconoscibili dal pubblico grazie alle didascalie proiettate sul fondo, come quelle
dei film muti. L’intento di questo lavoro, dal titolo LA DOLCE GUERRA, in scena presso il teatro Elicantropo di Napoli dal 24 al 27 novembre, è affine alle tendenze rivelate dai più recenti studi sul primo conflitto mondiale: la storia narrata attraverso gli occhi dei “piccoli”, ossia degli uomini comuni. Testo e regia di Elena Ferrari e Mariano Arenella, che sono anche gli interpreti, caratterizzano uno spettacolo tratto dalla storia di personaggi realmente esistiti. In effetti, il plot è ben costruito ed avvincente, doloroso, ma soprattutto delicato e romantico. La cartella stampa riporta: <<le vicende dei due protagonisti prendono spunto dalle biografie di personaggi storici realmente esistiti. Lui segue le orme di Giovanni Pastrone, pioniere del cinema italiano, che con la sua precisa determinazione e la sua visionaria creatività, trasformò la produzione cinematografica da banale divertimento a industria mondiale, e Luca Comerio, primo fotoreporter d’assalto e unico cineoperatore autorizzato a raggiungere il fronte. Lei quelle tracciate da Fanny del Ry, una giovane maestra, che, venuta in contatto con Maria Montessori e le sue teorie, si staccò dal panorama pedagogico comune, portando nella scuola il suo rivoluzionario impegno femminista e antimilitarista>>.
Lo spettacolo, infatti, è stato scelto come progetto rientrante nel Programma Ufficiale delle Commemorazioni del Centenario della Prima Guerra Mondiale, a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Fruibile da un pubblico eterogeneo, questo lavoro diventa ottimo pretesto di conoscenza anche per un pubblico di giovanissimi: l’analisi delle due facce di una stessa medaglia sembra essere l’elemento fondante delle ultime ricerche sulla Prima Guerra Mondiale. Parliamo, dunque, anche di studi accademici che si sono occupati degli artisti al fronte, dei carteggi dei soldati, delle biografie, delle cartoline, fino ai diari personali o donati dalle famiglie, agli appunti su carta. Un patrimonio, dunque, di memoria popolare che fa gola non solo agli storici, agli italianisti, agli antropologi, ma anche ai linguisti.
L’attenzione rivolta all’abbigliamento, ma soprattutto alle intonazioni regionali e dialettali, si rivela costantemente all’interno di questo spettacolo. Inoltre i due personaggi appaiono come stereotipi di giovani italiani dell’epoca – basti pensare anche ai nomi - che rivelano, poi, il dolore bellico dietro l’apparenza dell’esaltazione patriottica: Olmo, ragioniere, desidera diventare un regista cinematografico e sceglie di andare al fronte a riprendere le scene di guerra. Ada, maestrina, è inviata ad insegnare al fronte perché rea di aver chiesto alle famiglie dei suoi allievi motivazioni inimmaginabili. La propaganda bellica, infatti, invade violentemente le scuole e le menti dei più giovani. I due protagonisti comprendono, a scapito della loro stessa vita, che l’esaltazione bellica produce un terribile sterminio, dimostrando agli spettatori la verità più dolorosa, quella che emerge attraverso le parole e gli occhi del popolo. La Grande Guerra nasconde migliaia di morti, italiani e austriaci posti sullo stesso piano, e quando Olmo e Ada, divisi dalla guerra, ma in realtà vicini, si ritrovano a riconoscere increduli la realtà, quando si imbattono nella visione dei cadaveri, nelle fucilazioni e nell’assenza misteriosa di bambini scomparsi e forse uccisi, la verità storica appare violentemente.
La storia d’amore e di vita di due giovani conosciutisi per caso è il pretesto per raccontare l’incoscienza, il coraggio, l’inconsapevolezza davanti ad una guerra che sembra lontana e che diventa, poi, momento di coraggio ed esaltazione. Il testo di questo spettacolo non cade nella stucchevole e collaudata descrizione del dolore, bensì sfrutta il mezzo migliore per attirare l’attenzione degli spettatori, ossia la semplicità del racconto, “decorato” dall’eleganza di alcune immagini sceniche e soprattutto dall’utilizzo delle luci dalla colorazione retrò. I sedili di un cinematografo costituiscono l’oggetto principale che divide la scena in due luoghi, geografici e temporali, quello del passato e del presente, quello di Ada e di Olmo. La loro unione ed il loro bacio avvengono, infatti, davanti a questi sedili che diventano, poi, casa, trincea, scuola, teatro, strada, montagna.
Bravi i due attori, in particolare intensa la Ferrari, che riportano in scena un’elegante ed entusiasmante forma narrativa, agganciando, sin dall’inizio, l’attenzione degli spettatori. Sulla solida narrazione si aprono squarci interpretativi durante i quali Arenella e Ferrari diventano Olmo e Ada, la sorella di Ada, il soldato napoletano, il comandante e tanti altri personaggi. Ciò che è importante è la presenza costante della narrazione che, però, permette allo spettatore di immaginare i singoli personaggi, identificandoli con precisione. Anche i luoghi diventano fotografie mentali che si materializzano durante il racconto, come cambi di scena cinematografici: azione, dissolvenza, stop, campo lungo, primo piano. Tutto fiorisce nella nostra mente grazie alla potente delicatezza della parola scenica.
Foto di Paolo Migliavacca
LA DOLCE GUERRA
Napoli Teatro Elicantropo
24-27 novembre 2016
Compagnia Cabiria Teatro
presenta
LA DOLCE GUERRA
di e con Elena Ferrari e Mariano Arenella
disegno luci Vanni Vallino, costumi Norma Uglietti
foto di scena Paolo Migliavacca, riprese/montaggio video Martino Chiti
regia
Elena Ferrari e Mariano Arenella