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È sempre affascinante vedere come respiri e si dispieghi, di opera in opera, il mondo poetico di un artista o di un ensemble di artisti: lo sguardo resta uguale, cambiano le storie ma il mondo poetico sostanzialmente non cambia, il linguaggio tende a ripetere (accrescendo magari la consapevolezza del segno) gli stessi colori, gli stessi stilemi. Questa notazione vale certo per ogni opera e forma d’arte e qui vien fatto di pensarci volendo raccontare “Invasioni”, l’ultimo spettacolo della compagnia catanese Neon Teatro, dedicato al fotografo italo-palestinese Mustafa Sabbagh e andato in scena il 25, 26 e 27 novembre nei Viagrande Studios di Viagrande, in provincia di Catania. Uno spettacolo importante

che porta avanti ulteriormente sia la linea compositiva sia la linea tematica (la valorizzazione politica e “creaturale” della dimensione della diversità) dei due precedenti lavori “Magnificat” e “Ciatu”. Drammaturgia e regia sono di Monica Felloni, i testi sono tratti da Shakespeare, da Emily Dickinson, da Walt Whitman, poi dalla produzione poetica in qualche modo interna alla stessa compagnia, ovvero dai versi di Danilo Ferrari, di Stefania Licciardello, di Federico e Piero Ristagno. Le foto dei fondali e le tracce audio originali sono di Mustafa Sabbagh, il canto di Alfina Festa e di Alessandro Barilla, i costumi di Gaetano Impallomeni, in scena ci sono: Alessandro Barilla, Kevin Cariotti, Anna Cutore, Emanuela Dei Pieri, Danilo Ferrari, Antonio Fichera, Patrizia Fichera, Alfina Fresta, Stefania Licciardello, Ange Longo, Costantino Mirulla, Manuela Munafò, Manuela Partanni (anche questa volta e sempre più punto di riferimento dell’intero ensemble), Dorotea Samperi, Gaia Santuccio (danza aerea), Camelo Sciuto, Giovanni Sturale, Antonio Torre, Yambane Yendoube; interessante e centrale, come sempre del resto, anche la scelta delle musiche che si estende da Cannavacciuolo e Giovanni Lindo Ferretti a David Bowie, da Rene Aubry a Max Richter. Uno spettacolo importante, complesso e convincente senza riserve; uno spettacolo che conferma la grandezza di Monica Felloni e la sua capacità di costruire organismi i cui elementi, i singoli artisti, si esprimono coralmente senza negare, anzi mettendolo a valore, il proprio talento, l’umanità, l’estrema diversità di ciascuno, in ogni modo e sotto qualunque forma questa si presenti: spettacoli (questo, insieme con almeno “Magnificat” e “Ciatu”) in cui l’apporto di ogni voce e presenza è concepito come fonte primaria e “numinosa” dell’ispirazione. In particolare, nel caso di questo lavoro, nell’ impalcatura solida di cinque capitoli (la bellezza ferisce, il bisogno della fuga, la pelle della terra, XI comandamento: non dimenticare, ogni preparativo è fatto) si riflette e consolida la memoria della vicenda tutta umana delle invasioni, ovvero di quel rapporti tra corpi, persone, popoli, sguardi, parole che o li accetti e accogli aprendo le tue porte o li subisci lasciando che la bellezza ti invada e ti trasformi. Certo, sarebbe stato semplice dare a questo tema una declinazione tutta politica rivolgendosi alla realtà bruciante di ciò che accade nelle nostre cose, ma lo spettacolo si mantiene consapevolmente distante dall’urgenza della cronaca per addentrarsi nella necessità della poesia, nel fascino vitale e misterioso che emana dalla presenza e dalla visione dell’“Altro”. Ancora una riflessione sull’alterità insomma, sulla magia vitale e tremenda della vita che si dispiega in mille rivoli diversi che di necessità s’intersecano, si intrecciano, si invadono reciprocamente. C’è però un nodo sostanziale di questo spettacolo che va affrontato, e non perché si tratti di qualcosa di nuovo rispetto ai lavori precedenti, ma perché va interpretato: ovvero il permanere della fonte di espressione (lo stupore innamorato per la diversità delle forme della vita umana) che si esplicita in una forma che ormai si ripete con pochissimi cambiamenti e forse rischiando l’afasia. Felloni e Ristagno non raccontano una storia, né mettono in scena un testo di drammaturgia: piuttosto assumono il respiro poetico dei versi (Felloni li legge e interpreta dal vivo, però da fuori scena) che, di volta in volta, li ispirano e poi costruiscono un mosaico di immagini, micro-eventi, parole, movimenti, gesti, voli, magie, canti, espressioni liriche: l’esito, come si è detto, ha portato negli anni a spettacoli straordinari e tuttavia, forse, sarebbe ormai il caso di superare questo stilema e andare oltre il tema della diversità. Come fare non spetta alla critica dirlo evidentemente ma, ad esempio, trovandoci in presenza di uno straordinario ensemble di artisti e di un metodo di lavoro perfettamente rodato, basta ricordare che la drammaturgia occidentale è ricchissima di opere che possono sopperire in tal senso.

Foto Jessica Hauf

Invasioni.
Compagnia “Neon Teatro”. Regia di Monica Felloni. Backdrops e tracce audio originali di Mustafa Sabbagh. Testi di Shakespeare, di Walt Whitman, di Danilo Ferrari, di Stefania Licciardello, di Piero e di Federico Ristagno. Canto Lirico di Alfina Festa. Canto di Alessandro Barilla. Movimenti scenici di Manuela Partanni. Danza aerea di Gaia Santuccio. Attori: Alessandro Barilla, Kevin Cariotti, Anna Cutore, Emanuela Dei Pieri, Danilo Ferrari, Antonio Fichera, Patrizia Fichera, Alfina Fresta, Steafania Licciardello, Ange Longo, Costantino Mirulla, Manuela Munafò, Manuela Partanni, Dorotea Samperi, Gaia Santuccio, Camelo Sciuto, Giovanni Sturale, Antonio Torre, Yambane Yendoube. Video di Jessica Hauf. Costumi di Gaetano Impallomeni. Luci di Segolene Le Contellec.