Testo vincitore del premio Cassino Off 2015, finalista premio rete critica 2015 come miglior spettacolo, finalista premio Ubu 2015 come miglior novità 2015, premio rete critica 2016. Aggiungiamo, anche, una ricchissima rassegna stampa. Era doveroso, dunque, osservare questo spettacolo, acclamato e riconosciuto per la sua qualità, testuale, scenica ed interpretativa, in tutta Italia. Oscar De Summa arriva a Napoli, sul palcoscenico del TAN, Teatro dell’Area Nord della periferia napoletana, il 10 e 11 dicembre, per raccontarci la sua storia: STASERA SONO IN VENA fa parte della “Trilogia della provincia”, composta da “Diario di provincia”, “Stasera sono in vena”, “La sorella di Gesucristo”. Ancora una volta parliamo di nuova drammaturgia, quella del Sud, che descrive la Puglia degli anni ’80 e propone una storia vera. Il racconto di vita vissuta ritorna sulla scena, così come la
lingua dalla specifica connotazione e caratterizzazione geografica, alternata all’italiano ed alla musica, quest’ultima cantata dal vivo dall’autore-attore ed utilizzata come mezzo per urlare il profondo dolore dei personaggi, considerata elemento di collegamento tra i cambi temporali e le parti del racconto.
L’ironia pervade tutto lo spettacolo e ne diventa protagonista. Il titolo, infatti, ed il suo gioco di parole, sembrano non far emergere nessun immediato riferimento all’argomento trattato. Parliamo invece di droga e droghe: l’essere in vena, a cui accenna l’autore, indica ironicamente non solo il gesto che permette di iniettare la sostanza stupefacente, ma anche il momento di massima esaltazione raggiunta dal drogato e da un’intera generazione. Oscar De Summa racconta, dunque, la sua esperienza da figlio di una famiglia comune pugliese, negli anni in cui la musica, la voglia di cambiare il mondo e di fuggire via, convivono con la nascita della Sacra Corona Unita e l’arrivo di sostanze stupefacenti. La prima impressione, infatti, è che il racconto voglia trattare la storia di un giovane pugliese che vive in un paese caratterizzato dalla presenza della malavita organizzata, ma in realtà l’intero spettacolo diventa una carrellata su una storia di vita che si ramifica in altre e che nasce da un microcosmo geografico e sociale specifico per descrivere, poi, un’intera generazione. Ciò che emerge è l’originalità della messinscena e della trattazione di tematiche che potrebbero risultare non inedite e non del tutto originali. La bravura di De Summa sta, invece, non solo nella particolare interpretazione, nel personale e caratterizzato uso delle sonorità linguistiche, ma soprattutto l’autore si sofferma nel costruire un intero racconto attraverso immagini narrative di natura cinematografica. Ogni scena, infatti, si materializza nella mente dello spettatore e scorre agevole grazie alle parole dell’autore-attore-narratore. La narrazione, dunque, diventa, ancora una volta, elemento vincente di questa nuova drammaturgia meridionale che sente il bisogno di raccontare un passato dal ricordo fortissimo e solido, ma ormai divenuto modello di un futuro smembrato e claudicante: la storia delle giornate estive trascorse in casa con l’amico e la ragazza venuta da lontano, la noia, la voglia di provare qualcosa di nuovo e forte, il desiderio di fuggire, le pareti di casa impregnate di musica, l’urlo di dolore nelle canzoni degli anni ’80, l’amore, la dignità perduta, la morte. Il percorso affrontato da De Summa è personale e per questo motivo la descrizione lucida delle fasi di degradazione e degenerazione psicologica e fisica è lontana dagli aridi racconti di chi, in genere, vive ed osserva la situazione dall’esterno. La corsa senza freni, che caratterizza la prima parte dello spettacolo, evidenzia, infatti, la discesa inesorabile verso il mondo sconosciuto delle droghe che rende esaltante la monotonia della vita, trascorsa in un paesino del Sud. Le scorribande per le strade, i viaggi notturni, le avventure, la spiaggia affollata di bagnanti in cui ci si ritrova dopo una notte trascorsa a base di erba, il tutto degenera in una corsa senza fine, dolorosa ed angosciante, soffocante e folle, una corsa sulle montagne russe, fino alla caduta in picchiata verso problema inesorabile del reperimento incessante di droga. L’autore ed attore descrive ed interpreta tutti i personaggi che incontra in questo mondo sconosciuto ed ovattato. Ciò che è stupefacente è la naturalezza che De Summa adotta per creare e descrivere un “presepe” di figure losche e putrefatte, fortemente caratterizzate, che conducono il pubblico alla risata spontanea, fino a quando lo spettatore si rende conto del baratro profondo in cui cadono il protagonista e tutti i personaggi che lo circondano. Le sonorità adottate da De Summa identificano specificatamente il suo stile recitativo che non è legato unicamente al dialetto pugliese, ma è caratterizzato dalla ripetizione onomatopeica di fonemi e di sillabe finali, da allungamenti di vocali, da modulazioni timbriche e da tonalità caratterizzanti i flussi di racconto, da accelerazioni e rallentamenti, il tutto condito da lunghi momenti di ilarità ed esplosioni di profonda commozione.
A conclusione dello spettacolo, De Summa incontra il pubblico, raccontando la sua storia e, soprattutto, focalizzando l’attenzione e la riflessione sulle tipologie di droghe e sulla loro evoluzione, inevitabilmente legata ai cambiamenti culturali, politici e sociali. La descrizione di una specifica generazione meridionale degli anni ’80, all’interno di questo spettacolo, spinge verso una riflessione sul futuro, evitando, però, di etichettare questo prodotto artistico come una sorta di documentario o documento di denuncia: si tratta pur sempre di un’ottima performance teatrale che si presenta con grande poesia anche ad un pubblico di giovanissimi, quello formato, cioè, da studenti di un Istituto superiore di Napoli, presente in sala e attivo nel porre domande e nel descrivere perplessità e curiosità.
Napoli Teatro TAN
10-11 dicembre 2016
Stasera sono in vena
di e con
oscar de summa
una produzione "La Corte Ospitale"
colaborazione Armunia
foto manuela giusto
progetto luci matteo gozzi