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«La parola è il fiore del pensiero». Vero. E le parole come fiori sbocciano dalle labbra, dalle mani agili e scattanti, dai piedi saltellanti, dai sorrisi di Elena. Elena Bucci regista, attrice, autrice, ha fatto parte del nucleo storico del Teatro di Leo de Berardinis e ha fondato con Marco Sgrosso la compagnia Le Belle Bandiere (Premio Hystrio Altre Muse per l’attività). Fra i numerosi riconoscimenti si ricordano il Premio Eleonora Duse 2016 e il Premio Ubu 2016 come migliore attrice. Liberamente ispirato alla poesia e al pensiero di Fernando Pessoa (Lisbona 1888-1935). Barnum è una sorta di circo dell’umanità in cui gli eteronimi del poeta (letteralmente, «altri nomi», nuclei vitali di individui autonomi e

diversi da lui, pur essendo proiezioni del suo pensiero) si animano sulle tavole del palcoscenico. Nel monologo si percepiscono al volo le pagine del LIBRO DELL'INQUIETUDINE: «Sentire tutto in tutte le maniere, / vivere tutto da tutti i lati, / essere la stessa cosa in tutti i modi possibili allo stesso tempo / realizzare in sé tutta l'umanità di tutti i momenti / in un solo momento diffuso, profuso, completo e distante». Si assapora la vita. Al pianoforte Dimitri Sillato, crea suoni e dissonanze sui personaggi che a mano a mano prendono forma...Siamo in un bar, poi in una strada poi in una casa... Si raccontano le storie di uomini e donne qualunque, un’autobiografia di ignoti in cui potremmo riconoscere noi stessi o il nostro vicino. «Seduta a un tavolino di un bar guardo la gente che passa, beve, parla, beve, tace, guarda, pensa, beve, ride, se ne va. Nel mio bar è sempre notte tarda, quando gli ignoti appaiono orfani o profughi, naufraghi all’Occidente. Fantastico sulle loro vite, su tutte le infanzie e tutte le morti. Intravedo i sogni inquieti e i legami. In loro mi perdo, mi moltiplico, mi dimentico.» Come Pessoa maestro delle moltiplicazioni Elena si perde e si ritrova nelle storie degli altri. Un bar che è quasi un circo Il canto, la musica, le luci in scena sono il circo per eccellenza perché ognuno ritrova il bambino che ha perso. Lo spazio, NO’HMA che oggi compie vent’anni, accoglie questo spettacolo in modo significativo nel giorno dedicato alla festa della donna. Teatro libero e gratuito, un’immersione etica che punta diritta al cuore della società attraverso una straordinaria pluralità di espressioni artistiche musica, drammaturgia, poesia. L’aspirazione per NO’HMA è sempre quella viva e costante indicata da Teresa Pomodoro: “Rendere i sogni più vividi della veglia” E proprio come in un sogno ad occhi aperti la parola scenica di Elena Bucci scorre come un fiume in piena, invade la platea e torna indietro verso il palcoscenico per ridare sogno alla vita. Un’ora e mezza di arte in cui si apprezza la bravura di quest’artista poliedrica che ci riporta indietro nel tempo, alla terra di Fellini. Si applaude molto alla bravura dell’attrice. Uno spettacolo, proprio per questo, difficile: Elena Bucci attrice deve saper fare un passo indietro affinché le storie di Elena Bucci autrice, emergano pienamente e possano essere valorizzate al massimo. Necessario procedere per sottrazioni, puntando sugli elementi più incisivi, per ottenere il massimo della comunicazione scenica. Elena Bucci indica un percorso di ricerca, una «rinascita dell’arte attorica nell’attuale teatro post-registico» (Marco De Marinis in Capire il Teatro) Si può parlare oggi, infatti, di alcuni artisti che riprendono antiche tradizioni, percorsi di danza, musica, circo, teatro di strada e di piazza. È il caso della Bucci. La strada è ancora tutta da percorrere: felicità creativa e stato di grazia artistica sono strumenti già in possesso di Elena. I materiali espressivi e la parola scenica possono essere assemblati con livelli di forza più incisivi: abbandonare completamente il corpo per far entrare la parola antagonista e protagonista. La strada è in salita ma decisiva. Elena Bucci sembra dire dal palco: io lotto ogni giorno, fatelo con me.

Milano 8 marzo, Spazio Teatro NO'HMA Teresa Pomodoro