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Storicamente il teatro e lo spettatore nascono insieme, anzi si può dire che, a partire dalla tragedia greca, il teatro nasce dallo spettatore, nel senso che fu lo stesso spettatore, allora il cittadino della polis, a promuoverlo, talché, anche etimologicamente, è nella presenza stessa di chi guarda l’essenza del fare teatro. Eppure paradossalmente è proprio questa la domanda che percorre il teatro italiano contemporaneo: cos’è, o meglio chi è lo spettatore? E perché si è allontanato dal teatro fino a farci temere la sua estinzione e con essa la consunzione del teatro stesso come fenomeno vivo e fecondo, e non solo come residuo quasi museale? Ma soprattutto come recuperarlo al teatro rispristinando un circolo virtuoso con la società?

A questa domanda, quasi da brividi, esiziale, ha tentato di dare una risposta questo interessante incontro organizzato con attenzione da Kronoteatro di Albenga, compagnia teatrale che nella cittadina del ponente ligure ha la sua sede da vari anni e lì cura, tra l’altro, una interessante stagione teatrale ed un festival estivo nella piana, e svoltosi a Palazzo Oddo nell’intera giornata di sabato 25 marzo.
Elemento innovativo che ha contraddistinto il convegno è stato quello di cercare di farne protagonista, e non solo oggetto o soggetto in discussione, il pubblico stesso mediante un lavoro preparatorio di coinvolgimento che consentisse, come poi è avvenuto, che gli spettatori stessi partecipassero ai diversi tavoli di lavoro sollecitando e quasi incalzando gli operatori teatrali, fossero questi direttori artistici, organizzatori, critici o artisti.
Ne è nata una discussione animata ma anche approfondita all’interno della quale le domande del pubblico hanno consentito di metter in gioco in maniera costruttiva le convinzioni degli stessi operatori, e così di aprire con efficacia lo sguardo sui mutamenti in corso, sulle involuzioni del rapporto generale con la cultura in Italia, sulle difficoltà dunque ma anche sui fermenti e sulle evoluzioni che la società italiana in generale e la comunità teatrale in particolare manifesta anche nei suoi gangli più periferici.
Così l’attenzione di tutti, e ben lo ha evidenziato la “plenaria”, si è potuta spostare dagli aspetti economico-organizzativi, con le diverse iniziative da mettere in campo per raggiungere anche attraverso i social il maggior numero di persone e soprattutto i giovani che appaiono i più riluttanti, cioè da quelli più spiccatamente promozionali volti a migliorare l’immagine ovvero l’appeal del fenomeno teatrale, a quelli creativi ed estetici che più direttamente riguardano chi il teatro lo crea e chi lo deve rendere fecondo vivendolo attraverso il palcoscenico.
È emersa dunque, al fondo del dibattito, la necessità di attivare una sensibilità capace di selezionare ciò che sta sotto all’immediato (non si deve rincorrere l’attualità o la politica del giorno per giorno) ricostruendo un rapporto grazie al quale ciò che transita in palcoscenico dà risposte ad istanze e desideri che scorrono nel profondo della comunità di riferimento, con le sue relazioni interne ed esterne.
Non si tratta di cercare soltanto un coinvolgimento fisico, di partecipazione, ma bensì soprattutto un coinvolgimento creativo, attraverso il quale il pubblico si senta parte di un processo di conoscenza e di coscienza che in quel momento ed in quel luogo prende forma e si sviluppa.
La capacità catartica del teatro non può che appoggiarsi ad una tale relazione, inevitabilmente alimentata proprio dalla presenza fisica che caratterizza lo spettacolo teatrale e lo differenzia da ogni altra modalità narrativa, altrimenti scivola nel divertissement leggero in cui la concorrenza di altre forme di spettacolo è invincibile.
Non che a teatro sia vietato divertirsi, ma senza la interazione piena con il pubblico non può attivarsi alcuna relazione. Se il teatro diventa essenziale nella capacità di una comunità di guardare dentro sé stessa, allora forse anche i problemi finanziari e commerciali potranno essere meno pesanti. In questo ambito, tra l’altro, la funzione di una critica teatrale che non sia semplice cronaca, ma che diventi strumento di comprensione/condivisione con l’artista e il pubblico, e quindi di mediazione tra l’uno e l’altro, mi sembra essenziale.
In questo flusso relazionale ricreato dal teatro con la sua comunità, una comunità che si allarghi a cerchi concentrici come le onde di uno stagno, allora anche le altre articolazioni di quella stessa comunità, da quelle istituzionali a quelle politiche, potranno risultare più coinvolte e dare le risposte che ora rimandano o negano.
Significativo in proposito che a corredo del convegno gli organizzatori abbiano proposto il manifesto fondativo del Piccolo Teatro di Milano nel 1947, periodo che qualcosa in comune con i nostri anni ha, se non altro per la necessità di ricostruire ciò che la crisi economica ha distrutto.
Vale la pena di citare un passaggio di quanto scrissero allora Mario Apollonio, Paolo Grassi, Giorgio Strehler e Virgilio Tosi: “Il teatro resta quel che è stato nelle intenzioni profonde dei suoi creatori, quel che è nella sua necessità primordiale: il luogo dove la comunità adunandosi liberamente a contemplare e a rivivere, si rivela a sé stessa”.
I momenti plenari del convegno sono stati coordinati da Oliviero Ponte di Pino (ateatro.it, docente di letteratura e filosofia del teatro presso l'accademia di Belle Arti di Brera) e hanno partecipato Sergio Ariotti, Isabella Lagattolla, Giulia Menegatti (Festival delle Colline Torinesi - Torino), Andrea Cerri (FuoriLuogo – La Spezia), Laura Bevione (Hystrio), Elisa Bottero (Teatro della Caduta – Torino), Laura Caruso (Festival dello spettatore – Arezzo), Lorenzo Donati (Altrevelocità.it), Renzo Francabandera (Pac – paneacquaculture.net), Maddalena Giovannelli (Stratagemmi.it), Livia Grossi (Corriere della Sera), Francesca Romana Lino (Rumor(s)cena.com), Lucia Medri (Teatroecritica.net), Simone Pacini (Fattiditeatro.it), Andrea Paolucci (Teatro dell'Argine – San Lazzaro di Savena), Angelo Pastore (Teatro Stabile di Genova – Genova), Roberto Pellerey (Università degli Studi di Genova), Maria Dolores Pesce (Dramma.it), Roberto Rinaldi (Rumor(s)cena.com), Stefano Romagnoli (spettatore professionista), Laura Santini (mentelocale.it), Francesca Serrazanetti (Stratagemmi.it), Stefano Tè (Trasparenze Festival – Modena), oltre ovviamente a Maurizio Sguotti, Direttore artistico di Kronoteatro.