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Marco Martinelli legge il suo “Farsi Luogo” a Genova, nella sala di Villa Durazzo Bombrini nell’ambito del festival “Testimonianze Ricerca Azioni” di Teatro Akropolis. Anche se non è uno spettacolo, come ci avverte l’oratore, la sua presenza empatica trasforma inevitabilmente questa pubblica lettura in una intensa e commossa drammaturgia che si dipana tra aforismi e citazioni, tra ricordi ed esperienze esistenziali, allargandosi e infiltrandosi nella terra dell’indifferenza come il grande fiume al suo delta. Una vita che si specchia nel suo teatro ed un teatro che si specchia nella sua vita, anzi le tante vite che la spirale avviata a roteare dal centro della sua domanda, mai evasa e forse per questo ancora così

produttiva, ha avvicinato e allontanato. “Farsi luogo” è il teatro che “si rivolge”, che costruisce il suo spazio ed il suo tempo nella condivisione, a partire da quei semi antichi diffusi da un Dio misterioso e poliforme, da quelle radici antiche forse dimenticate ma non sostituibili, dal coro che è la polis recitante sé stessa.
La lettura di Marco è anche un reclamare una mai abbandonata sincerità, talora con l’asprezza dell’invettiva verso chi deforma il cammino del teatro e della vita, piegandolo ad egoismi ed egotismi fino alla contemporanea schiavitù al dio denaro.
Laicamente religiosa ovvero religiosamente laica questa condivisione pubblica nella sintassi di un intimo colloquiare, quasi fossimo io (ciascuno degli io in sala) e lui, richiama l’adesione ad una apertura piena all’energia che alimenta la vita singolare e collettiva (possiamo chiamarla Amore?) e che ci spinge l’uno verso l’altro (io e te ineludibilmente, ci dice) e arricchisce l’uno arricchendo l’altro.
Dentro tutto questo, con il sincretismo etico e mai moralista del manuale di Epitteto, scorre la sua vita nel teatro e per il teatro, e scorrono le esistenze che l’hanno accompagnata, condivisa e fecondata a partire da Ermanna Montanari, una compagna che spesso Marco si sofferma a guardare nel camerino (lo racconta lui stesso) senza parlare, guardando quel corpo di attrice farsi esso stesso “luogo”.
E poi Luigi Dadina e Marcella Nonni, sodali sin dal principiare delle “Albe”, e infine le centinaia di adolescenti che con la “non scuola” danno il segno tangibile e concreto delle parole dette, di ciò che la spirale, se affonda nella sincerità, può produrre nel mondo e nelle comunità.
101 movimenti il 13 aprile.