Due coppie fuori gioco. Perché i giochi sono definiti da altri. La prima sul cornicione di un palazzo, decisa a suicidarsi, la seconda li osserva dal balcone cercando di farli arretrare dalla decisione. Intorno un mondo che aspetta il goal. 28 giugno 2012: Italia-Germania, semifinale degli Europei. L’Italia vince gloriosamente, c’è speranza per il Paese, un bel riscatto. Tre uomini e un nome solo Mario: Mario Balotelli, Mario Monti (in quello stesso anno convince la Merkel e chiede più risorse al fondo salva stati) e infine Mario, compagno di Anna, l’uomo comune. L’uomo che fa i sacrifici che paga le tasse che vive contando i soldi con la paura di non arrivare mai a fine mese. Rimanda le cure perché costano, rimanda il viaggio di sogno perché ci sono i lavori da fare in casa, Mario che rimanda sempre, come tutti quelli che vivono facendo sacrifici. La trama è essenziale: la coppia che sta per
suicidarsi e l’altra che assiste e cerca di salvare il salvabile come accade spesso in questo nostro paese. I due ricchi borghesi, decisi a lanciarsi dal cornicione, hanno scelto la peggiore serata possibile, intenzionati a rovinare la festa a tutti. Mario e Anna non avranno alternative: dovranno stare con loro per cercare di capire e soprattutto convincerli a scendere. Tutto si svolge durante la partita a ritmi di boati dei goal che si sentono dalle case, dalle strade del quartiere. Le due coppie parleranno a lungo si confronteranno su temi attuali, i soldi, il razzismo, la religione, la televisione, il sesso, ribaltando posizioni e luoghi comuni, con la schiettezza e la spregiudicatezza di chi non ha più niente da perdere. Finiranno per scoprire ognuno l’altra faccia della medaglia, quella grigia un po’ spenta, quella che nessuno vuole: ricordi del passato, rimpianti, confessioni che si fanno di fronte alla morte. Mario scoprirà che la sua compagna sognava un'altra vita e che in fondo anche lei si è accontentata. Cosa c’è di male ad accontentarsi? Nulla se non fosse che i nostri sogni ci inseguono e prima o poi ci trovano. La partita finirà bene, tutti felici, urla e clacson che rimbombano per strada. La gente festeggia, un Paese festeggia e anche loro hanno qualcosa forse da festeggiare. La prima coppia ha deciso di non suicidarsi. Mario e Anna devono affrontare le verità che sono venute fuori proprio grazie al confronto. Adesso tocca a loro andare fuori gioco. I dialoghi veloci e taglienti scandiscono i ritmi con decisione. Il testo di Lisa Nur Sultan (vincitore di Eurodram 2016) scorre senza mai abbandonare la tensione degli eventi. La regia di Emiliano Masala affida alla parola e ai gesti l’azione scenica Tutto si svolge di fronte allo spettatore come se accedesse all’interno della cornice di un fumetto e i personaggi, quasi impossibilitati a muoversi, in bilico sul cornicione. Fare la regia consiste nel parlare al pubblico attraverso la gestualità degli attori, le luci, la scatola simbolica; il disegno di Masala ha la forza di mantenere la finzione in modo travolgente e a lungo. Gli interpreti Giampiero Judica, Elisa Lucarelli, Emiliano Masala, Francesca Porrini regalano bravura e coinvolgimento, un team creativo ed efficace. Una commedia amara che ci stimola a riflettere sui nostri dolori. Il cornicione del palazzo una metafora sulle diverse condizioni sociali. Sui tanti “fuori gioco” dei nostri mondi, a cominciare dai giovani, sempre precari, sempre in attesa, sul bordo della vita. Pronti al balzo, frenati dal “guardiano delle linee” di turno, che decide per le loro, facendo apparire come inevitabile ogni scelta. Qual è il vero intento? Semplice, restare sempre in gioco e tagliare fuori gli altri: i tanti “piccoli Mario”.
Milano, Teatro Franco Parenti, 6 giugno 2017