Tratta dall’omonimo racconto di Camilleri questa messa in scena di Daniela Ardini manifesta un profondo lavoro drammaturgico di amalgama tra matericità della parola e presenza attoriale, amalgama costruito sul suono di quella lingua calda e pastosa che è il siciliano, un suono che si fa personaggio che transita tra musicalità intima e pesantezza petrosa e fisica come di un corpo che si disvela. È una drammaturgia che trasfigura e va oltre la narrazione per accedere al territorio del mito e del sogno che da sempre lo alimenta, ma nel contempo non perde di vista la concretezza delle relazioni umane che nel mito si rispecchiano traendo da esso senso e prospettiva. Sospesa tra mare e terra come una Sirena ne
rivisita l’inesausto e infinito desiderio che talora riposa tra le braccia e nel petto di uomini e donne apparentemente semplici, la cui ingenuità è come una radice forte che preserva il loro breve transito esistenziale mentre l’orizzonte si allarga oltre il nostro stesso sguardo.
Andrea Camilleri incista e mescola il suo racconto di emigranti che tornano, di vecchie sensali di matrimonio, di contadini piegati alla loro fatica, di marinai in mezzo ad un mare che non gli appartiene, un mare quasi violentato e che pretende per questo vendetta, con l’antico mito delle sirene che Omero trasse direttamente dal sangue caldo di quell’isola che, tra Scilla e Cariddi, incontrò Ulisse, non amandolo e non essendone amata.
Gnazio Manisco, emigrante di ritorno, uomo terragno che fugge il mare, torna a Vigata e paradossalmente si innamora ricambiato di una sirena spiaggiata, Maruzza Musumeci, che invece lo sguardo volge perennemente al mare. Con lei ha figli sospesi tra stelle e pelago che segnano il loro apparentemente tragico destino.
Dentro questo nucleo la vendetta delle ancelle dell’oceano, sanguinosa ma come abbandonata nel luogo che fa da confine tra sogno e realtà, e che fa quasi da contrappunto sintattico alla narrazione di quelle due vite che s’incontrano, evocando l’universalità di un mito fondativo.
Una drammaturgia fedele ed insieme trasfigurante che la bella regia di Daniela Ardini ancora al palcoscenico come ad un approdo sicuro. Un ottimo, per mimica, gestione della voce e movimenti recitativi, Piero Montadon è Gnazio Manisco e tutti gli altri personaggi. Scene e costumi di Giorgio Panni e Giacomo Rigalza.
Nella affascinante Piazzetta San Matteo, centro storico di Genova, il 3, 5 e 6 luglio tra gli appuntamenti dell’edizione 2017 del “Festival in una notte d’estate” di Lunaria Teatro, dedicata appunto ai percorsi e alle metamorfosi del mito. Uno spettacolo interessante che ha riscosso un notevole successo.
Foto Maiani