Nella contemporaneità interattiva, che viaggia in rete e pur sapendo tutto di tutti praticamente non si conosce, anche la ricerca teatrale si trasforma ed il gruppo di ricerca che animava gli ormai lontani anni 70 diventa una start up culturale il cui progetto, meglio, la cui mission è riportare il teatro e la letteratura dove si sono perdute e a quelli che sembrano, forse più per colpa del teatro che loro, averle perdute. Questo è “Tournée da Bar”, anzi #tournéedabar, una impresa culturale che da qualche tempo si insinua, si infiltra quasi clandestinamente nei cosiddetti luoghi della aggregazione giovanile, ma non solo, si getta nelle onde della movida metropolitana per portare “dove meno te lo aspetti” il teatro ed i suo classici, a partire dall’indefettibile Bardo. Ma quello che più sorprende è che questo infiltrarsi in luoghi inaspettati e questo insinuarsi in menti solo all’apparenza ad altro votate e
da altro distratte ha consentito una scoperta, che in fondo non è una vera scoperta, quella che il pensiero drammaturgico, deformandosi forse ma sempre fedele a sé stesso, si amalgama in quei luoghi e in quelle menti con una facilità ed una spontaneità straordinarie.
Il 3 Ottobre Tournée da Bar, al suo terzo anno di viaggio per l’Italia, era a La Claque, lo spazio alternativo del Teatro Della Tosse di Genova, divenuto recentemente partner istituzionale, con la più “prossima” (generazionalmente parlando) tragedia shakespeariana, quella Giulietta e Romeo in eterodosso en travesti come sui legni del palcoscenico del Globe.
Una rivisitazione coinvolgente fatta di tagli e rappezzi che trasforma la tragedia in ironica ricerca e in altrettanto ironica scoperta della casualità dell’agire umano, vicina alle corde dell’autore e a quello del pubblico, deformato in personaggio senza annullare le necessarie distanze, psichiche e mentali, con la scena.
Una regia, quella di Riccardo Mallus, solo all’apparenza ‘leggera’, ma in realtà molto attenta ai movimenti scenici, così da integrare l’efficace mimica dei due protagonisti, i bravi Enrico Pittaluga e Graziano Siressi, e capace di ben amalgamarsi con la musica prodotta dal vivo da Roberto Antonio Dibitonto.
Belli anche i costumi di Margherita Baldoni e la scenografia di Fabrizio Palla, a supportare uno spettacolo che usa l’occasionalità per approfondire temi e linguaggi drammaturgici alla ricerca di nuove sinapsi con un mondo trasformato.
Del resto al Globe si mangiava, si beveva e si faceva all’amore ma non si perdeva una battuta pronti ad esaltare e sostenere anche con denaro gli attori (anche ieri è passata la cassetta) o a coprirli di ortaggi marci.