Il Teatro Metastasio Stabile della Toscana, il Teatro Stabile di Torino e la Compagnia Sandro Lombardi, ospiti del Teatro Stabile di Genova, presentano al teatro della Corte, dal primo al 6 febbraio, questa drammaturgia di Sandro Lombardi e Federico Tiezzi su un testo del 1984 di Giovanni Testori. Per la regia di Federico Tiezzi
ne è protagonista lo stesso Sandro Lombardi, dall'intensa mimesi plurisegnica, con Iaia Forte sempre molto originale e da una compagnia di attori che con efficacia articolano il linguaggio ed il raffinato, movimento scenico. Sono Francesco Colella, Debora Zuin, Marion D'Amburgo, Caterina Simonelli, Alessandro Schiavo, Massimo Verdastro e meritano tutti la specifica citazione, come anche Pier Paolo Bisleri per una scenografia di pochi elementi ma di forte impatto anche cinetico, Giovanni Buzzi, per i costumi che costruiscono sull'ordinario una colorata gamma di intense invenzioni, e Gianni Pollini per le luci. Singolare variante del più classico dei teatri nel teatro, il testo di Testori ne utilizza il contesto rappresentativo non tanto per una analisi dei meccanismi narrativi quanto per indagare e estrapolare i movimenti psicologici, affettivi ed interiori che il romanzo manzoniano incardina e vivifica in un contesto storico ben definito nei tratti, la Milano del 600, ma proprio per questo in grado di assumere connotati universali ed umanistici. È in questo meccanismo sottilmente identificatorio tra luoghi, eventi e sentimenti, di cui il bellissimo “addio” di Lucia è sintomo ed esempio, che si insinua l'arte narrativa di Testori che senza in alcun modo tradire lo spirito, ma anche la lettera dell'epopea manzoniana, li piega a specchio del suo e del nostro soffrire di fronte al suo tempo e alla sua contemporaneità, che alla fin fine sono ancora il nostro tempo e la nostra contemporaneità. In fondo è lo scoprire, in un testo letterario che crea e rinnova la 'Lingua' per aprire ad una comprensione e comunicazione più vasta, un meccanismo sempre riutilizzabile che della parola fa incarnazione in movimento sulle assi del palcoscenico e tra le poltrone della platea. L'identificazione tra parola e carne, tra luogo e sentimento, cuore della scrittura di Testori fa sì che la Milano manzoniana si trasformi singolarmente nella Milano testoriana e nel luogo della mente in cui affondano le radici le nostre esistenze. Un singolare e raffinato processo di riscrittura che elimina, insieme alla tentazione dello “sceneggiato”, ogni possibile tradimento del testo che appare in scena libero da ogni peso temporale, storico o sociologico. Un singolare meccanismo, infine, che Tiezzi e Lombardi nella riscrittura scenica, nella regia e nella interpretazione, sanno rispettare ed insieme utilizzare per costruire una drammaturgia aperta che fa dell'ironia, nei dialoghi, nei movimenti scenici, nel recitativo che a volte sembra sul punto di scivolare e dispiegarsi in “aria” lirica, lo strumento di una conoscenza soggettiva e collettiva. Testo e drammaturgia, forse, di non immediata percezione nella intensità e profondità della scrittura che avrebbero in un certo senso meritato una presentazione più articolata nei confronti del pubblico, una migliore preparazione come quella rintracciabile nel testo di scena che comunque segnaliamo, nelle edizioni L'obliquo, per il ricco corredo di riferimenti ed estrapolazioni sia storiche che letterarie e drammaturgiche. Al di là di ogni slittamento retorico, che pure il testo per il suo peso nella storia nazionale richiama in coincidenza con i 150 anni dell'unità d'Italia, ampio e convinto è stato l'apprezzamento del pubblico presente alla prima di ieri.