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Pino Carbone, regista e autore di questo spettacolo, insieme alla firma femminile di Anna Carla Broegg, quest'ultima nei panni di Penelope, colora i suoi prodotti artistici  con una forte vena di ironia e di irriverenza. Anche in questo caso le due figure cardine della letteratura greca piombano in una dimensione metateatrale inusuale, che li pone l' uno di fronte all'altra, in confessione con il regista, ma anche con lo stesso pubblico. Insomma, non aspettate di riconoscere il racconto omerico nelle sue fattezze classiche, ma  il famoso poema - che all' interno di questo spettacolo è ripetutamente definito "romanzo"- ,  costringe i due protagonisti dell' Odissea ad un confronto serrato sulla scena, la prima notte, dopo l'atteso ritorno di Ulisse. Carbone parte sicuramente dalla fonte letteraria e arriva alla citazione dell'allestimento/performance della famosa Marina Abramovic, ricordando il momento in cui il compagno, che l'artista internazionale non vedeva da trent' anni, è improvvisamente

comparso davanti a lei. Il tema dell'assenza si trasforma mostruosamente in quello della "mancanza anche in presenza", fino a diventare grottesco e a trasformarsi in "incomunicabilità".Penelope appare doppia, ma soprattutto diventa finalmente personaggio caratterizzato ed agente, conducendo la narrazione e spingendo Ulisse, inetto e furbo allo stesso tempo, a svariate reazioni: ecco perché comprendiamo la scelta di un titolo in cui i nomi appaiono volutamente accorpati.  Lo spettacolo si articola attraverso specifici momenti, ben delineati tanto da costituire dei veri e propri blocchi, identificabili nelle parti di un'opera lirica: ouverture, duetto, recitativo, aria, finale. La suddivisione in momenti ben definiti e il totale scollamento dalla finzione teatrale, costituiscono quegli elementi cardine che destabilizzano l'attenzione degli spettatori; questi, infatti, non appena comprendono il codice, indispensabile per seguire gli interventi  del regista e il suo dialogo con gli attori e il pubblico, sono poi bruscamente e nuovamente riportati al racconto teatrale, in un'alternanza tra realtà e illusione che mantiene lo spettatore sempre vigile.
Sulla scena del Piccolo Bellini di Napoli - dove lo spettacolo va in scena dal 31 ottobre al 5 novembre -troviamo un ring delimitato da fogli di plexiglas trasparenti; al centro palloncini blu e un tavolo bianco. Sfrontato l'atteggiamento di Ulisse, interpretato dal bravo ed istrionico Giandomenico Cupaiolo, il quale torna a casa piombando dentro il perimetro di plexiglas con un saltello che fa scoppiare alcuni palloncini, quest'ultimi evidente allegoria del mare. Immaginate, dunque, la reazione di una Penelope adirata perché in eterna attesa e relegata a ruolo minore all'interno del " romanzo" della vita di Ulisse. Quest'ultimo appare giocoso, superficiale, colpevole e neanche pentito, ama prendere in giro bonariamente la sua donna, pur amandola, pur mantenendo alto il ruolo di eroe del suo "romanzo". Questo atteggiamento evidenzia l'incomunicabilità tra i due personaggi, l'una disperata, adirata, addolorata, l'altro confuso e tronfio. Entrambi sono trascinati ad estreme conseguenze, come se il regista, una sorta di " direttore d'orchestra della parola", costringa violentemente i suoi attori, e quindi i relativi personaggi, ad esternare i propri sentimenti e soprattutto a comunicare i propri pensieri, attraverso una tensione ascendente che alterna crolli e risalite.  L' incomunicabilità assume, dunque, il vero ruolo da protagonista, esito inevitabile non solo di lunghe assenze fisiche, ma soprattutto di assenze verbali. Ulisse racconta il suo viaggio a Penelope attraverso azioni mimate, atteggiamenti clowneschi, canti, balli e sorrisi. Lei sembra non accontentarsi e il mezzo della comunicazione diventa la parola scritta, quella ufficiale firmata da Omero, mediatore il cui valore è riconosciuto, ma non presente fisicamente.
Chi ama la classicità della fonte, certamente dovrà tener presente il testo omerico, ma il discorso qui è assolutamente contemporaneo, sia nel linguaggio, che nell'allestimento e nel messaggio. Appaiono sfrontate – e apprezzabili - alcune scelte registiche e alcuni accorgimenti degli stessi attori, i quali improvvisano, o simulano improvvisazione, sganciandosi dal personaggio, conversando e chiedendo consiglio al regista/direttore, ritornando, poi, all’interno del personaggio. Alcuni momenti, però, sembrano dilungarsi eccessivamente, riempiendo i vuoti e i passaggi che legano i diversi blocchi, quasi “stiracchiando” inevitabilmente il tempo scenico e l’azione dei due protagonisti, ruoli questi che si attribuiscono ad Ulisse per tradizione, ma che Penelope assume, invece, inaspettatamente all’interno di questo spettacolo. La sovrapposizione di ruoli e di funzioni è mostrata, quindi, attraverso uno scambio di abito – non dimentichiamo quello nuziale di Penelope –e attraverso la conclusione caratterizzata dall’imitazione dell’atto sessuale che, presume una pacificazione ed un chiarimento tra i due, ma che in realtà sembra descrivere la predominazione della donna sull’uomo, indossando gli abiti maschili e dimostrando, così, che la vera eroina del poema omerico è l’amata/odiata Penelope.

Foto di Mena Rota

DUEPENELOPEULISSE
Piccolo Bellini Napoli
31 ottobre – 5 novembre
di Pino Carbone e Anna Carla Broegg
con
Giandomenico Cupaiuolo
Anna Carla Broegg
musiche Camera
soggetti grafico-scultorei Stefania Agostiniano
regia Pino Carbone
produzione Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro in collaborazione con AreaBroCa, l’Asilo, Chiaradanza