Diversi anni fa ricevemmo il bando di un nuovo premio drammaturgico con la richiesta di pubblicazione. Il nostro sito era infatti l’unico che aveva a quel tempo, ed ha anche a tutt’oggi, un archivio aggiornato dei concorsi per testi teatrali. Tra le clausole di quel bando vi era la richiesta di una tassa di partecipazione, ora non ricordo con precisione, se di 30 o 40 euro
(o forse erano 50.000 lire?). Risposi subito agli organizzatori dicendo che non mi sembrava opportuno, soprattutto perchè si trattava di un premio che non prometteva al vincitore particolari svolte professionali, introdurre una vera e propria tassa d’iscrizione per un concorso drammaturgico. A quel tempo infatti nei bandi dei concorsi per autori teatrali i “contributi di segreteria” o le tasse d’iscrizione erano una rarità anche per i premi più noti e prestigiosi che erano tutti a partecipazione gratuita. Solo qualche concorso azzardava a introdurre piccoli balzelli di 5 o 10 euro al massimo per rientrare nelle spese. In quella richiesta, che all’epoca sembrava pretenziosa, forse intuii il rischio di un “pericoloso precedente” che avrebbe potuto legittimare, negli anni successivi, una tendenza a dare per scontata la richiesta di tasse d’iscrizione sempre più esose. Decisi dunque di non pubblicare quel bando. Due o tre anni dopo fui contattato dall’organizzatore di un innovativo concorso drammaturgico con la richiesta di collaborare al suo lancio. L’idea di quel concorso era atipica ed interessante ma quando l’organizzatore mi disse che aveva intenzione di chiedere una tassa d’iscrizione di 100 euro rimasi sbalordito. Non soltanto gli dissi che in quel caso non avrei collaborato a promuovere il concorso ma aggiunsi che, con una richiesta simile, pochissimi autori avrebbero partecipato e il premio sarebbe stato un clamoroso flop. Lo convinsi a ridimensionare la richiesta a 20 euro, quota che rientrava nei “prezzi correnti” dei bandi drammaturgici di quel periodo. In soli due o tre anni la situazione era infatti cambiata proprio nella direzione che avevo temuto. Ormai erano una rarità i concorsi a titolo gratuito ed era considerato normale che in un bando vi fosse una tassa d’iscrizione di 15 o 20 euro. La strada era stata ormai aperta e ben presto l’inflazione colpì anche i concorsi per testi teatrali. La mia coscienza di autore, oltre che di direttore della testata dedicata all’autore teatrale, mi spinse però ad oppormi ancora due volte alla pubblicazione di Bandi drammaturgici. Una prima volta fu circa quattro anni fa, quando i prezzi correnti si aggiravano attorno ai 30 euro. Il premio in questione chiedeva un’iscrizione di 50 euro. I promotori erano di una certa levatura ed il premio in palio per il vincitore anche. Tentai di persuadere gli organizzatori ad abbassare la quota perchè, obbiettai, un esborso di 50 euro avrebbe potuto essere un ostacolo alla partecipazione per autori anche meritevoli. Non ci fu la correzione da me auspicata e allora scelsi di non pubblicare il bando. Analoga situazione si è presentata la scorsa estate. Concorso interessante con 50 euro di tassa d’iscrizione e scelta di non pubblicare il bando. E arriviamo ad oggi. 25 gennaio 2011: il concorso più importante in Italia pubblica il suo ultimo bando. E’ la 51° edizione del Premio Riccione. Tassa d’iscrizione: 50 euro. A questo punto il dibattito sulle scelte passate si è acceso con la redazione. E’ giusto non pubblicare il bando del premio più prestigioso per mantenere la coerenza con le scelte attuate in passato? Oppure è venuto il momento di non farne più una questione di principio, accettare con rammarico l’ingiustizia di tasse d’iscrizione sempre maggiori e obbedire al dovere di cronaca pubblicando tutto? Alla fine abbiamo deciso per questa seconda opzione per non privare i nostri lettori del diritto di essere informati. Ma lo facciamo senza rinunciare a segnalare il rischio di una simile pratica. Se oggi qualcuno chiede 50 euro per mandare un copione ad un concorso domani qualcun’altro potrà chiederne 60, 80, 100 e così via. Finchè a partecipare ai premi rimarranno solo gli autori a cui, togliersi dalla tasca 50 o 100 euro, non costerà nulla. E magari il giovane di talento o l’autore al verde che ha scritto un testo magnifico, saranno costretti a rinunciare a questa chance.