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C’è una dimensione consolidata e classica ormai del teatro moderno e contemporaneo, una dimensione che scaturisce da un’investigazione, ripetuta e costante, sul rapporto tra realtà e teatro: un rapporto in cui entrambe le polarità vengono radicalmente revocate in dubbio e, con esse, vengono revocati in dubbio gli elementi che ad esse sono connaturati come identità, tempo, spazialità, equilibrio relazionale, follia, corpo, ma anche, relativamente alla pratica teatrale, verisimiglianza, attorialità, regia, gerarchia tra gli elementi del linguaggio scenico. Ovviamente non si tratta affatto di elementi che caratterizzano esclusivamente il novecento teatrale ma è indubbio che, nel novecento, essi sono diventati centrali nel dispiegarsi di quasi tutte le più rilevanti estetiche teatrali. Perché questa piccola/grande premessa? Perché nel provare a capire e a raccontare “Ciò che accadde all’improvviso”, l’ultimo spettacolo dell’ennese “Compagnia dell’Arpa”, visto al Teatro Garibaldi di Enna il

30 dicembre scorso, e scritto, diretto e interpretato da Rosario Palazzolo, da qui, da questa premessa logica bisogna partire. In scena oltre allo stesso Palazzolo, ci sono Franz Cantalupo, Elisa Di Dio (quest’ultima con qualche impaccio a entrare nel personaggio) e alla fine Delia Calò, le musiche sono di Francesco Di Fiore, le scene e i costumi di Luca Manuli. Colpisce di questo lavoro la leggerezza con cui, in poco più di un’ora, e nel contesto di un intreccio facile che si ripete tre volte con una semplice rotazione degli attori, si attraversano tutte le tematiche del teatro novecentesco: un uomo, a cui si è rotta improvvisamente l’automobile, si trova in una posto del tutto remoto e sconosciuto, una semplice panchina sotto una vecchia insegna della fermata di un tram, quindi incontra un omino che attende un tram che sa che non arriverà e infine incontra un uomo totalmente smemorato che potrebbe essere il tramviere.  Si attraversano lo smarrimento, lo spaesamento, l’attesa come dimensione strutturale della condizione umana, l’incomunicabilità, la perdita dell’identità, la follia come normalità “altra”, “teatrale” e in qualche modo “sacra”, il metateatro come spazio politico. Eppure i conti non tornano, o non tornano del tutto: Palazzolo è un uomo di teatro colto, avvertito e la sua qualità principale è una intelligenza divertita, sagace, amante del paradosso, quindi difficilmente si sarebbe fatto bastare un ripasso – per quanto elegante - di quasi tutti i temi e i luoghi (comuni o meno, poco importa) del teatro novecentesco. Allora c’è altro in ballo evidentemente, allora questo piccolo spettacolo, di gusto un po’ retrò, che funziona come un piccolo e precisissimo orologio (dal quale certo non ti aspetti che segni le ore in modo originale), a un certo punto scarta, l’ironia prende il sopravento e l’ironia ti racconta che il teatro resta corpo, evento del qui e adesso, resta un sorriso indecifrabile di maschera (il sorriso silenzioso e poeticissimo del tramviere smemorato è forse la cosa migliore dell’intero spettacolo), e va attraversato (visto, vissuto, partecipato) con leggerezza onde evitare che diventi un inutile estratto di cultura provinciale e scolastica o uno sterile e afasico passatempo snob senza alcuna necessità reale d’arte.

Ciò che accadde all’improvviso
Testo e regia di Rosario Palazzolo, con Franz Cantalupo, Elisa Di Dio, Rosario Palazzolo, Delia Calò. Musiche di Francesco Di Fiore. Costumi e Scene di Luca Manuli. Assistente alla regia Clara de Rose. Crediti fotografici: Totò Clemenza. Sabato 30 dicembre  –  Teatro Garibaldi di Enna. Produzione Compagnia dell’Arpa, Compagnia Residente Teatro Garibaldi di Enna; in collaborazione con Teatrino Controverso, con Latitudini – Rete Siciliana di Drammaturgia Contemporanea e con l’Assessorato allo Spettacolo del Comune di Calascibetta; e con il sostegno finanziario dell’Assessorato Regionale al Turismo e allo Spettacolo.

Foto Toto Clemenza