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Drammaturgia tratta ed ispirata al famoso poemetto di T.S. Eliot, al Teatro Hops di Piazzetta Cambiaso a Genova, secondo appuntamento dal 17 al 19 febbraio della rassegna Hop Fisso Altrove a cura di Mario Jorio. Lavoro raffinato di trascrittura scenica di Annig Raimondi, solitaria protagonista in scena la stessa drammaturga, che da anni lavora su questo testo complesso e labirintico traduzione italiana di Roberto Sanesi, mescolando con padronanza il livello esplicito della scrittura letteraria con le interferenze continue di un 'sottosuolo' psicologico e onirico, che oscilla tra l'esperienza esistenziale del maestro e quella artistica della Raimondi. L'interprete, per sua stessa dichiarazione, si mantiene fedelissima al testo ed al suo sviluppo narrativo, con quella fedeltà però che rintraccia oltre la trama delle parole narrate, oltre la moltitudine dei riferimenti culturali e delle tracce significative ed interpretative, oltre la stessa contingente significazione lirica che erutta in scena i sentimenti e la sofferenza dell'autore, un senso di comunicazione collettiva e condivisa, che trasforma il grido della narrazione in direzione di una comune comprensione e compartecipazione. Quella che è una vera e propria peripezia che, a partire dal titolo, attraversa le 'terre desolate' di un'anima incerta e anche sofferente, si trasforma così in percorso scenico guidato con mano ferma ed insieme commossa dall'interprete. Abile e sapiente l'uso, con indubbie ascendenze in Carmelo Bene o in De Berardinis, delle tonalità sonore, del colore vero e proprio di una voce piegata con spontaneità alle esigenze interpretative, sostenute anche da una appropriata scelta musicale e da una interessante scenografia, che affastella con una certa fascinazione oggetti in scena e fuoriscena, ciascuno man mano richiamato, nella sua successiva esposizione ed illuminazione, al suo senso specifico. Ne discende una intensa capacità interpretativa della drammaturga ed una abilità attoriale della protagonista che si sforzano di penetrare il mistero di una testualità a volte ridondante e quasi sovrabbondante nella sua inesausta capacità di narrazione. Compito impervio che in effetti ha richiesto e richiede tempo per essere assolto e perfezionato e rispetto al quale sembrano urgere, nella attrice, domande ancora inevase come testimonia la sua esigenza, manifestata a chiusura spettacolo, di interrogare il pubblico quasi per interrogarsi attraverso di esso. Uno spettacolo interessante dunque e se un limite, pignolamente, vi si può rintracciare è proprio quello che la trascrizione scenica incontra nel penetrare oltre i cavalli di frisia di un testo lirico così gelosamente difeso, difficoltà che porta quella stessa trascrizione drammaturgica talora ad adagiarsi in un certo qual modo sul testo, impedita ad effrangerlo. Spettacolo interessante, molto partecipato e sostenuto dagli applausi di un pubblico abbastanza numeroso ed in crescita che lascia ben sperare per il prosieguo di questa rassegna che, grazie agli sforzi di Mario Jorio, prova a riattivare uno spazio teatrale piuttosto affascinante ed intrigante nei vicoli del centro storico genovese.