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Un teatro e una drammaturgia senza parola, questa, eppure risuonante di una sintassi significativa talora più profonda di ogni discorrere intorno alla mente umana, una mente che, si sa, vive di immagini che tentiamo in continuazione di tradurre in parole, quasi costringendole in una grammatica consolatoria che ne ritracci e rintracci l'angoscioso e angosciante fluire. La compagnia tedesca Familie Floz si pone e ci pone di fronte a tutto ciò, narrando di una casa di cura psichiatrica che in realtà è metafora del nostro sforzo di dare regole ed ordine, narrandolo, al tempo senza tempo delle nostre profondità.
Non prende posizione il drammaturgo, non fa diagnosi e non da spiegazioni, cerca solo di mettere ordine, di dare un ordine estetico a tutto quanto scorre, quasi rivendicando una regola, una regola ovvero le regole necessarie perché tutto ciò che è oscuro diventi conoscibile. Per fare questo usa con sapienza la maschera che all'apparenza fissa una espressione ma che, paradossalmente, nel fluire

drammatico e drammaturgico di espressioni ne contiene e svela mille e più, più che, verrebbe da dire, un volto umano. Un tentativo romantico forse, una utopia che della follia che in vario grado e misura coinvolge la Società e ciascuno di noi 'normali' mostra l'aspetto più ingenuo e onirico, quello costruito di quella conoscenza e sostanza di cui come diceva William Shakespeare tutti siamo fatti, velando e lasciando solo trasparire la sofferenza anche crudele, per se e gli altri, che una tale condizione porta inevitabilmente con sé.
La progressiva caduta, e noi con lui, del Dr Nest verso quelle profondità, forse solo immaginata o forse parte inconfessata di quella stessa sua follia, detta i tempi di una drammaturgia che organizza la scena a livelli progressivi, in continua successione, come in un viaggio dantesco senza apparente riscatto e remissione da cui emergono figure icastiche dai ripetuti tic e dalle potenzialità estetiche inaspettate.
La trama del narrato è paradossalmente leggera, sul filo di una ironia spesso contrappuntata da una amara comicità che, nel mentre si ride, ti accompagna al tragico scoperchiando le radici sempre fragili della nostra 'normalità'.
Cosa meglio della scena può rimandare al nostro cervello e alle sue dinamiche, sembra domandarsi il drammaturgo, e lo spettacolo è una ragione a suo favore.
Uno spettacolo di respiro internazionale, a conferma di una vocazione che il teatro della Tosse va man mano consolidando, con idea, regia e maschere di Hajo Schuler e la co-regia di Michael Vogel. In scena Familie Floz con Con Fabian Baumgarten Anna Kistel Björn Leese Benjamin Reber Mats Suethoff. Musiche Fabian Kalbitzer, scenografie Rotes Pferd (Christian Eckelmann, Felix Nolze), costumi Mascha Schubert, Sound Design Dirk Schröder, disegno luci Reinhard Hubert.
Alla sala di trionfo del teatro della Tosse di Genova, dall'11 al 14 aprile con una accoglienza entusiasta segnata da numerosi applausi a scena aperta di un pubblico numeroso.