Ogni vita, lunga o breve che sia, è un persistere occasionale ed insieme ostinato su un confine che temiamo di attraversare, ma che inevitabilmente attraverseremo verso quel “Chissàdove”, quel luogo per il quale cerchiamo di dare senso al nostro esistere e nel quale il senso del nostro esistere forse ritroverà i nostri pensieri. E anche questa è una drammaturgia di confine che Stefano Geraci e Roberto Bacci costruiscono e dipanano sotto il segno forte del transito e del finale attraversamento, simboleggiati entrambi dalla doppia porta che domina la scena, porta attraverso la quale transita la memoria che in teatro diventa paradossalmente la vita stessa, la vita di Giovanna e Dario, tanto più significante quanto più scioglie nell'interrogazione universale e nell'attesa i segni di una autobiografia condivisa, condivisa tra loro e condivisa con il teatro. Così, intorno a loro, la narrazione si materializza in figure e movimenti scenici capaci di essere parte della loro memoria ma anche tramite verso i
mondi che il loro vivere sulla scena hanno reso e rendono evidenti, simulando faustianamente un patto di sangue e immortalità che come un sogno shakespeariano si materializza e si scioglie nel breve spazio e nel breve tempo di una rappresentazione.
Suggestioni della vita e suggestioni dell'arte che si fondono senza confondersi, accompagnando noi con i protagonisti sulla soglia che tutti ci attende.
Ispirata alla vita vera e vissuta, sempre deformata e rifranta dalla memoria come in un caleidoscopio, la vita appunto di Giovanna Daddi e Dario Marconcini, presenti a se stessi e con se stessi su quello stesso palcoscenico “fatto della nostra stessa materia”, la drammaturgia si trasforma in sguardo sulla morte a lungo guardata ma inevitabilmente mai compresa.
È, infatti, l'affastellarsi dei ricordi una sorta di bibliografia del nostro andare verso la morte, forse la sola in grado di farci comprendere, con se stessa, anche la nostra vita. Ma allora tutto ciò conterà davvero?.
Spettacolo ben scritto, sia in testo che in messa in scena, diretto con mano sensibile da Roberto Bacci e interpretato con maestria dai due protagonisti che sanno paradossalmente guardarsi come 'personaggi' che vivono in quella stessa scena.
Bravi insieme a loro anche Elisa Cuppini, Silvia Pasello, Francesco Puleo e Tazio Turrini, segni, talora confidenti e talora ostili, della loro memoria.
Belle le musiche a cura di Ares Tavolazzi e le luci di Valeria Foti e intensa la scrittura fisica di Elisa Cuppini. Un allestimento di Sergio Zagaglia, Stefano Franzoni e Fabio Giommarelli, scenografa pittrice Chiara Occhini, assistente alla regia Silvia Tufano, assistente ai costumi Chiara Fontanella.
Una produzione Teatro della Toscana in prima nazionale al Teatro Era di Pontedera dal 18 al 22 aprile. Molto apprezzata.
Foto Roberto Palermo